M5s, il nuovo codice e le firme false | Nessuno ‘sconto’ ai big di Palermo

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05 Gennaio 2017, 12:43

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PALERMO – Assoluzione o archiviazione: non ci sono altre possibilità per non essere espulsi dal Movimento 5 stelle per i tre parlamentari nazionali Claudia Mannino, Giulia Di Vita e Riccardo Nuti, coinvolti nell’inchiesta sulle presunte firme false relative alle amministrative del 2012 a Palermo e attualmente sospesi dal movimento di Beppe Grillo per decisione dei probiviri. Anche in caso di prescrizione, infatti, finiranno espulsi definitivamente. E non ci sono scappatoie nemmeno nel nuovo codice etico approvato dal web nei giorni scorsi. Il problema nel loro caso non è infatti il coinvolgimento nell’inchiesta ma il fatto che, avvalendosi della facoltà di non rispondere davanti ai magistrati, hanno “leso l’immagine del Movimento”. Ovvero, hanno dato l’impressione di non voler collaborare con la giustizia. 

La questione riguarda anche i due parlamentari regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca, ma dal punto di vista etico, appunto, il loro comportamento è stato decisamente diverso: non solo hanno raccontato tutto quello che ricordavano ai magistrati della procura di Palermo, ma hanno anche deciso in autonomia di autosospendersi per non coinvolgere il Movimento nell’inchiesta.

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La via crucis grillina continua quindi a Palermo, dal momento in cui è esploso il caso firme false. E’ la primavera del 2012 e nel capoluogo siciliano i Cinque stelle si preparano a presentare la loro lista alle comunali. Mentre si sfogliano le carte, qualcuno si accorge che c’è un errore sul luogo di nascita di un candidato. Per scongiurare il rischio che la lista venga dichiarata non ammissibile, qualcuno avrebbe compilato un nuovo modulo con i dati corretti e ricopiato una per una le 1.400 firme che erano state raccolte. Il Sarebbero state violate, dunque, le norme del testo unico del 1960 sulla materia elettorale. La storia viene allo scoperto a ottobre 2016 e la Procura palermitana apre un’inchiesta. Tra gli indagati i tre deputati nazionali di Palermo Claudia Mannino, Giulia Di Vita, Riccardo Nuti che il 29 novembre vanno in procura per essere interrogati e fanno scena muta: si avvalgono della facoltà di non rispondere. Una scelta, garantita dalla legislazione italiana a chiunque sia coinvolto in un’indagine, ma che adesso, alla luce dell’etica del Movimento 5 stelle, potrebbe costare loro molto cara.

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05 Gennaio 2017, 12:43

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