"Sono uomo delle istituzioni | Mai accordi con la sinistra" - Live Sicilia

“Sono uomo delle istituzioni | Mai accordi con la sinistra”

Intervista a Nello Musumeci: "Non ho mai avuto posizioni radicali, ho una cultura tollerante. A Catania sono stato il presidente di tutti". Il rilancio della Regione? "Vanno valorizzate le risorse interne, basta consulenti. Bisogna creare un clima di ottimismo". Il rapporto con Fini: "Presi più voti di lui. Mi disse gelido: 'Non ho gradito'".

Intervista a Nello Musumeci
di
6 min di lettura

PALERMO – Nello Musumeci, a Palermo per l’inaugurazione del suo comitato elettorale, si presenta con la sua proverbiale eleganza. Abito blu, pizzetto bianco d’ordinanza e modi da gentiluomo d’altri tempi. Ci scherza su, quando dice che i suoi lo invitano a svecchiare il guardaroba. Dore Misuraca, coordinatore regionale del Pdl, e Adolfo Urso, che fu il primo a lanciare ufficialmente la sua candidatura quest’estate, lo raggiungono solo quando l’intervista sta per finire ed è ora di andare a inaugurare la sede di via Libertà. Sarà il quartier generale del tour che Musumeci vuole portare avanti “nella maggior parte dei comuni siciliani per incontrare quanta più gente possibile, anche quella che non mi voterà”. Con “liste pulite”, assicura il candidato.

“Sta andando bene – esordisce l’ex presidente della Provincia di Catania -, sono l’ultimo arrivato nella campagna elettorale, ma trovo tanto entusiasmo. Se fosse l’entusiasmo della mia gente non mi illuderei, mi conforta invece trovarlo nell’elettorato disaffezionato, in quel partito della rassegnazione che aveva deciso di non votare. Questo mi lascia ben sperare”.

A sostegno della sua candidatura si preparano quattro liste (“almeno, se me lo chiede oggi, le rispondo così, domani non so”): Pdl, Cantiere Popolare, Forza Sicilia e Lista del presidente. Con loro cercherà di vincere e ottenere la maggioranza. Se non riuscirà, sin da ore dice che non è disposto a fare accordi con il centrosinistra, “piuttosto mi dimetterei”. Diverso il discorso per “tutte le altre forze politiche più vicine alle nostre posizioni per affinità politica e ideologica”, con le quali invece si potrebbe allargare la maggioranza, dirà poco dopo ai cronisti. I sondaggi, per il momento lo premiano: “Non credo molto ai sondaggi. Certo, se mi accreditano di un testa a testa con Rosario Crocetta, che è già sceso in campo da tempo, considerato che il mio primo manifesto è uscito oggi, sono moderatamente ottimista. Ma la campagna ancora deve cominciare”.

Onorevole Musumeci, intanto partiamo dalla prima anomalia. Lei, candidato dei moderati, viene da un partito che un tempo si chiamava di estrema.
“Ma no, noi eravamo la destra ‘estrema’ perché non c’era altra destra”.

Non parlo dell’Msi, mi riferisco alla Destra. Che è un partito con posizioni abbastanza radicale. Eppure la sua candidatura sembra esercitare un certo fascino sui moderati. Ci spiega come mai?
“Non riesco a darmi una spiegazione. Mi dicono: ma com’è che da sinistra nessuno ti attacca? Questo mi lusinga. Io non sono mai stato un radicale, mi sono formato tra le fila dell’Azione cattolica e quindi ho una cultura molto tollerante. E quando sono stato messo alla prova come uomo di governo, ho interpretato il mio ruolo essendo il presidente di tutti e non di una parte. Pensi che quando andai al ballottaggio la prima volta alla Provincia, sfidai il candidato centrista. Bene, il candidato dei comunisti fece una conferenza stampa dicendo che avrebbe votato per me. Quando sei apprezzato dagli avversari questo dà una grande soddisfazione. Pensi che nel mio partito mi criticavano perché alle manifestazioni di partito salivo sul palco ma non parlavo mai, per rispetto alla carica istituzionale che ricoprivo”.

Nel suo partito in realtà ebbe problemi non solo per questo…
“Sì, fu un processo lungo”.

È vero che Fini non digerì mai di avere preso meno voti di lei alle Europee in Sicilia?
“Sì, duemila voti. Era il 1999. Lo vidi in un albergo romano. Mi avvicinai, gli dissi ‘ciao presidente’, mi aspettavo i complimenti, e invece lui mi disse ‘Non ho gradito’ (fa segno di no col dito, ndr). E me lo disse con una freddezza glaciale, che solo quell’uomo ha”.

Le hanno rimproverato di non essere abbastanza “sicilianista”. Come commenta?
“Io sono sempre stato un autonomista. L’autonomismo unitario era un filone di pensiero nel mio partito. Non accetto l’ideologia di un sicilianismo come rivendicazionismo piagnone. Credo che l’autonomia debba essere un’opportunità di crescita, valorizzata con responsabilità”.

A proposito di responsabilità. La sostengono partiti che hanno a lungo governato la Sicilia, penso alla lunga era di Totò Cuffaro. Qual è il suo giudizio su quell’esperienza di governo?
“C’è un grave errore che appartiene al centrodestra quanto al centrosinistra: quello di non aver saputo determinare una discontinuità rispetto alla Prima repubblica. Le responsabilità sono di tutti: negli ultimi 15 anni tutte le forze politiche dell’intero arco parlamentare hanno avuto responsabilità di governo, penso al governo Capodicasa, poi a Cuffaro, poi a Lombardo con il quale chi ha vinto è andato all’opposizione, con un grave danno d’immagine per la sinistra che si presentava come alternativa a questo sistema di potere. Tutto questo ha portato instabilità di governo e un vuoto tra la classe politica e la burocrazia. Quando la classe politica appare debole, il burocrate occupa degli spazi e diventa incontrollabile”.

E cosa pensa di fare per invertire questa tendenza?
“Un ragionamento sereno con i dirigenti della Regione. Bisogna intercettare i talenti e motivare le risorse, ponendo fine alla deplorevole prassi delle consulenze interne. È chiaro che chi con dolo si mette di traverso va neutralizzato. Nessuno si senta protetto e garantito. È una pratica che ho già sperimentato nei miei dieci anni da presidente della Provincia di Catania”.

Ma secondo lei, la situazione finanziaria della Regione è recuperabile o state correndo per decidere chi sarà quello che porterà i libri in tribunale?
“Noi abbiamo bisogno d cambiare il metodo. Io non mi sento migliore degli altri candidati, mi sento differente. Dico differente e non diverso, sennò qualcuno ci gioca su per darmi del rivoluzionario. Sa cosa dicono? Che non bisogna dare la Regione in mano a un fascista? Ma io non sono mai stato un estremista, sono un uomo estremamente tollerante. Io vorrei adottare un metodo più attento a quello che appare giusto e non a quello che appare utile. Vede, se naufraga la Regione siciliana è il sistema Italia che salta. È per questo che dobbiamo aprire un ragionamento sereno con Roma e avviare un piano di recupero che richiederà sacrifici. I siciliani sono sicuro che saranno disposti a farli, se per prima la classe dirigente darà l’esempio”.

Come?
“Abolendo dei privilegi, penso alla diaria o alle autoblù di grossa cilindrata. Dopo di che, vediamo se possiamo programmare l’utilizzo dei fondi strutturali, privilegiando progetti di qualità, per avviare dopo la stagione del rigore quella dello sviluppo. Bisogna ricreare un clima di ottimismo e le imprese devono sentire la Regione al loro fianco”.

Senta, al consiglio comunale di Catania siete stati all’opposizione di Stancanelli. Poi le offrono la candidatura e lei entra in maggioranza. Non teme che ai catanesi tutto questo sembri una manovra di palazzo?
“Io mi sono candidato in alternativa a Stancanelli, non al centrodestra, tanto che alla Provincia governiamo insieme. Al Comune non ho condiviso il metodo perchè la candidatura di Stancanelli è stata decisa l’ultimo giorno. Ma abbiamo dimostrato senso di responsabilità, più di larga parte della maggioranza, non facendo mancare il numero legale nell’interesse di Catania. Non mi è stato difficile raccogliere l’invito di Stancanelli, che mi ha indicato come candidato, nell’interesse di Catania. Non abbiamo chiesto contropartite o assessori, vogliamo solo ripristinare i confini naturali del centrodestra. I catanesi lo apprezzeranno”.

Ci sta riuscendo a convincere i palermitani che i catanesi non sono tutti uguali?
“Guardi, molti hanno pensato che parlassi di Lombardo, ma non era così. Io penso che ogni presidente lascia la sua impronta. E i catanesi non hanno mai avuto problemi con un presidente della Regione palermitano. Non è un problema di geografia e non ho bisogno di fare il ruffiano: questa è una città che ha il palato fine per scegliere”.


Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI