08 Giugno 2022, 13:07
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CATANIA – Cosa Nostra che si riorganizza dal basso, costruendo consenso e riuscendo a utilizzare la sua presenza sul territorio in chiave elettorale. Per il prefetto Francesco Messina, Direttore centrale anticrimine della Polizia, è questo il tratto che unisce le due operazioni che questa mattina hanno scosso la provincia di Catania e Palermo, portando all’arresto di 18 persone nella provincia etnea con la decapitazione del clan Santapaola-Ercolano nella zona di Acireale e Aci Catena, e all’arresto per mafia di un candidato al consiglio comunale a Palermo. “Assistiamo – dice Messina durante la conferenza stampa sull’operazione etnea – a un momento in cui Cosa Nostra cerca di tornare al suo vecchio modus operandi, e ci preoccupa soprattutto la mancanza di una reazione civica”.
L’aspetto più vistoso dell’operazione di questa notte è il ritorno alla criminalità mafiosa di persone che già erano state in carcere per reati legati a Cosa Nostra: “Chi è stato arrestato – dice Messina – aveva già compiuto questo genere di attività, dunque la carcerazione non è riuscita a rescindere i loro contatti con i gruppi criminali, tanto che queste persone sono riuscite a rientrare da subito nel giro degli affari mafiosi”.
L’attività principale di Cosa Nostra sul territorio catanese, in questa fase, è soprattutto quella delle estorsioni e dell’usura, oltre allo spaccio di droga. Settori d’affari “classici” per la mafia, in cui però Messina nota la scarsa risposta civica della società: “Abbiamo potuto intercettare decine di estorsioni – racconta – eppure, non ne è stata denunciata neanche una. La repressione che noi, come forze dell’ordine, facciamo sulla base delle nostre conoscenze dell’ala militare di Cosa Nostra, non può e non deve bastare a estirpare il fenomeno mafioso. E purtroppo devo constatare che è assente una certa cultura civica: è il territorio stesso che va a cercare i mafiosi per la protezione, e che non denuncia quando dovrebbe”.
Questo indica un lavoro di Cosa Nostra per ricostruire la propria rete sociale di supporto: “In questo momento non c’è un direttorio – dice Messina – e dunque l’organizzazione non sta riuscendo a costruire quella struttura verticale che la rese potente trent’anni fa. Ma c’è un grande impegno per il controllo del territorio che si manifesta anche attraverso questa attività di estorsione”.
Per sconfiggere la mafia, dice Messina, non bastano solo le retate: “Non si può prescindere da un’antimafia diversa dall’azione delle procure e delle forze dell’ordine, ma purtroppo riscontro che continuiamo ad arrestare queste persone, che hanno evidentemente un potere determinato dal fatto che la gente si rivolge a loro. Questo non solo a Catania, ma ovunque ci sia un’organizzazione mafiosa in azione”.
Il punto è che a questo consenso, a questo potere, partecipa anche la società chiedendo la protezione dei mafiosi. È un nodo su cui Messina torna più volte: “Sono davvero vittime, se chiedono la protezione di Cosa Nostra, se non denunciano? In questa operazione abbiamo contestato anche dei reati di usura – dice – e questo indica un ricorso alla mafia anche come rete di sostegno finanziario. Nessuno, ripeto, ha denunciato i reati, e noi li abbiamo scoperti solo con le intercettazioni. È intollerabile che a Catania, come a Palermo e in altre piazze mafiose, nessuno denunci questa attività di Cosa Nostra”.
Si fa fatica, in altre parole, ad andare oltre la pura repressione: “Non possiamo debellare la mafia – dice Messina – solo con gli arresti e le retate, e questa fase è molto delicata, con gli uomini di Cosa Nostra che cercano di costruire consenso e capitale sociale da spendere poi anche in senso elettorale, politico. Abbiamo bisogno di stare un passo avanti, e non solo dal punto delle forze dell’ordine o dell’azione giudiziaria”.
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08 Giugno 2022, 13:07
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