Mafia, condanna per Bonaccorsi |125 anni di carcere ai Carateddi - Live Sicilia

Mafia, condanna per Bonaccorsi |125 anni di carcere ai Carateddi

Il processo, che si è celebrato con il rito abbreviato, è scaturito dall'inchiesta che aveva portato allo scandalo per le "false perizie mediche per aiutare un boss".

 

CATANIA – Si chiude un capitolo dell’inchiesta che nel 2012 fece scalpore, o meglio scandalo, per il coinvolgimento di un dirigente del Vittorio Emanuele che avrebbe falsificato perizie per far ottenere i domiciliari al boss dei Carateddi, Alessandro Bonaccorsi. E’ arrivata la sentenza per gli 11, dei 20 arrestati dalla Squadra Mobile in un’operazione antidroga, che hanno scelto il rito abbreviato Il Gup Daniela Monaco Crea ha letto il dispositivo nell’aula Serafino Famà del Palazzo di Giustizia davanti ai pm Pasquale Pacifico e Antonella Barrera, ai difensori e agli 11 imputati, tra cui Alessandro Bonaccorsi, detenuto, e la moglie Bruna Strano, seduta tra le poltroncine riservate al pubblico in quanto è sottoposta alla misura degli arresti domiciliari.

Alessandro Bonaccorsi

LE CONDANNE – Il Giudice ha di fatto accolto quasi in toto le richieste dell’accusa, in alcuni casi diminuendo la pena e in altri invece aumentandola: in totale sono stati inflitti oltre 125 anni di carcere. 20 anni per Alessandro Bonaccorsi e Giovanni Musumeci, ai due è contestato il reato di associazione mafiosa. Il Gup Monaco Crea ha condannato a 8 anni e 8 mesi la moglie di Bonaccorsi, Bruna Strano: un anno e due mesi in meno della richiesta dei Pm. 15 anni e 2 mesi per Salvatore Bonvegna, 7 anni e 4 mesi per Maurizio Bonsignore. E’ di 10 anni e 5 mesi invece la condanna per Salvatore Bracciolano, 13 anni di carcere per Paolo Ferrara, 8 anni e 4 mesi per Marco Rapisarda, 9 anni e sei mesi per Scrivano Robertino e 7 anni e 4 mesi per Marco Strano.

LA CONFISCA – Il Gup ha disposto inoltre la confisca di quasi 400 mila euro in contanti e di 120 preziosi, tra gioielli in oro e orologi, che erano stati sequestrati dalla Squadra Mobile nel corso del blitz nel 2012. Un piccolo “tesoro” che la polizia aveva trovato a casa di Bruna Strano e ritenuto guadagno dello spaccio di droga.

L’ACCUSA– I sostituti procuratori della Dda Pasquale Pacifico e Antonella Barrera, il 25 settembre scorso, hanno passato in rassegna nel corso della requisitoria dichiarazioni di collaboratori, intercettazioni e risultati investigativi che hanno permesso di inchiodare l’intera organizzazione criminale. Pacifico aveva usato parole di fuoco: “Alessandro Bonaccorsi era in pieno delirio di onnipotenza. Per ritornare ad essere il reggente – aveva detto il sostituto procuratore – Bonaccorsi tenta di ottenere gli arresti domiciliari con l’aiuto di un operatore sanitario e una campagna stampa non estemporanea ma pianificata per dimostrare che la sua detenzione non era compatibile con le sue condizioni di salute”.  Negli atti del processo, infatti, sono stati inseriti due articoli di un settimanale catanese datati 19 giugno 2010 e 26 giugno 2010 che gridavano allo scandalo sul caso del detenuto Alessandro Bonaccorsi, affetto da una grave forma di pancreatite, condizione di salute  incompatibile con il regime carcerario. E al quale, nonostante le richieste dei difensori fossero stati negati i domiciliari.

La moglie di Bonaccorsi, Bruna Strano

L’operatore sanitario, invece, a cui fa riferimento il pm è il dirigente del Vittorio Emanuele Maria Costanzo, processata con il rito ordinario, che avrebbe preso accordi con la moglie di Bonaccorsi, Bruna Strano affinché falsificasse la cartella clinica del marito in modo da fargli ottenere i domiciliari. Antonella Barrera è stata chiara nella sua requisitoria: il dirigente medico avrebbe “concesso” favori dietro i regali offerti dalla moglie. E “quasi” inequivocabili sono le intercettazioni dal carcere nel corso dei colloqui tra moglie e marito. Il medico ha sempre respinto ogni accusa: secondo il suo difensore il quadro probatorio è molto carenteIl cuore delle accuse si muovono su quanto accade dal 2008 al dicembre del 2011 all’interno del Clan Carateddi, decapitato con il blitz Revenge. Bonaccorsi, indicato da Lo Giudice, finito in carcere, suo erede nell’organizzazione avrebbe di fatto preso il controllo nella gestione dello spaccio, e da quando fu arrestato, nel 2010, tesseva ordini attraverso la moglie.

LA DIFESA – Ora i difensori aspettano di poter leggere le motivazioni della sentenza del Gup Daniela Monaco Crea. Nel corso dell’arringa, però, la posizione del legale di Alessandro Bonaccorsi era stata chiara. Per l’avvocato Giuseppe Rapisarda non sussistono prove concrete dell’affiliazione di Alessandro Bonaccorsi alla cosca Cappello Carateddi. Alla base di questa contestazion ci sono le dichiarazioni di Natale Cavallaro, che parla dell’intenzione di Gaetano Lo Giudice, il pluriergastolano capomafia dei Carateddi, a conferire a lui nel marzo del 2010 la reggenza della cosca in quanto aveva “disponibilità di armi e soldi” per poter gestire le piazze di spaccio. Un passaggio di “consegne” che doveva avvenire nel corso di una riunione che però non è mai avvenuta in quanto nel frattempo Bonaccorsi fu arrestato. Nei fatti per Rapisarda, dunque, il collaboratore non parla di fatti ma solo di intenzioni. Su Bruna Strano, infine, l’avvocato nella sua arringa aveva escluso qualsiasi tipo di accordo tra la sua assistita e la Costanzo per favorire i domiciliari al marito.

IL PROCESSO ORDINARIO – Dovrebbe chiudersi entro quest’anno anche la parte del processo che si celebra con il rito ordinario davanti alla terza sezione penale del Tribunale di Catania. Alla sbarra oltre a Maria Costanzo, accusata di falso in atto pubblico e corruzione in atti giudiziari, ci sono Orazio Finocchiaro, Emilia Anastasi, Rocco Anastasi, Maria Bonnici, Filippo Bonvegna, Filippo Crisafulli, Massimo Leonardi e Daniela Strano.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI