PALERMO – Ci sono tutti i presupposti per bloccare la corrispondenza fra il boss Pietro Aglieri e la figlia di un altro pezzo grosso della mafia siciliana. La Cassazione boccia definitivamente il ricorso dell’ergastolano detenuto al 41 bis dal 1997.
Pietro Aglieri, 65 anni, è stato uno dei boss più spietati di Cosa Nostra, capo della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù e alleato dei corleonesi, condannato al fine pena mai anche per le stragi di Capaci e via D’Amelio.
Quando lo arrestarono nel suo nascondiglio i poliziotti trovarono una cappella dove il mafioso si ritirava spesso in preghiera.
Aglieri, detenuto a Rebibbia, ha fatto ricorso al Tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva censurato la sua posta. In particolare i giudici rilevavano che “la mittente è figlia di un noto esponente della criminalità organizzata siciliana e nel testo della missiva, si scorge, al di là un affrettato panegirico della persona dell’Aglieri, un collegamento con un evento del passato, in particolare con un tradimento consumato in danno di Aglieri”.
La donna che prese carta e penna non si è firmata. È rimasta anonima. Lo stesso Aglieri ha preferito non fare alcun riferimento che potesse portare all’identificazione. Il suo ricorso, però, dimostra che teneva parecchio alla missiva.
La Cassazione ha deciso che il ricorso è inammissibile: “Il trattenimento (della lettera ndr) risulta legittimo e congruamente motivato”.

