19 Ottobre 2023, 05:02
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CATANIA – Dalle relazioni pericolose con il cugino killer, alla gestione delle spiagge libere, per conto del Comune di Catania. Fiumi di soldi e conti che non tornano, come ha rilevato l’ultima inchiesta della guardia di finanza, che ha fatto scattare il sequestro del patrimonio riconducibile a Orazio Buda: due società e i bar simbolo della città “buongustaia”, l’Opera prima di piazza Umberto e del Corso Italia.
La storia di Buda si incrocia con quella del cugino boss dei Carateddi Orazio Privitera: il braccio armato del clan. Non un nome qualunque, Privitera era, per i collaboratori, “uomo d’onore battezzato a Palermo dagli uomini di Bernardo Provenzano”, forte di “rapporti con i Lo Piccolo e Matteo Messina Denaro”. Mandante ed esecutore di tre omicidi, in grado di comandare anche dal carcere.
Il collaboratore Salvatore Bonaccorsi, figlio di Concetto, boss del gruppo Carateddi dei Cappello, ha definito Orazio Buda “una macchina da soldi”, spiegando che aveva il ruolo di investire “in settori imprenditoriali puliti, i fondi provenienti dall’attività illecita del clan”. Il pentito fa il nome del cugino di Buda, Orazio Privitera. Bonaccorsi racconta anche di aver “appreso” dalla madre che in passato Buda aveva organizzato l’uccisione del padre boss, utilizzando un carro funebre e dei soggetti vestiti da becchini”. Erano i tempi della guerra di mafia tra Cursoti e Carateddi, sua madre lo aveva avvisato, “non ti fidare di Orazio Buda”, ricorda ancora il pentito.
Orazio Buda gestiva il parcheggio del lido La Cucaracha, il killer Gino Ragonese, condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’uomo d’onore Raimondo Maugeri, voleva incendiarlo ma, secondo quanto ha rivelato il collaboratore Bonaccorsi, sarebbe intervenuto Orazio Privitera in persona.
Il boss Privitera in quel momento era capo clan dello stesso Ragonese: insieme erano stati anche detenuti a Bicocca.
Buda si sarebbe mantenuto in una posizione “defilata”, almeno ufficialmente, rispetto al clan e al boss Privitera “a causa del suo ruolo di investitore e riciclatore di denaro”. Lo scopo sarebbe stato, sempre secondo Bonaccorsi, di non dare eccessivamente nell’occhio e poter reinvestire il denaro del clan in attività lecite”. Agli atti del Gico ci sono i verbali di un altro collaboratore, Salvatore Messina detto ‘Manicomio‘, ex affiliato al clan Pillera – Puntina, che ha rivelato anche il contenuto di alcuni colloqui con Salvatore Massimo Salvo, capo del clan Cappello, sugli investimenti fatti da Buda per conto di Privitera.
Messina racconta di aver conosciuto Orazio Buda e il fratello Santo nel 2001, “entrambi soggetti che camminavano con Orazio Privitera”. In quel periodo Buda gestiva diversi chioschi, tra i quali uno a Librino e uno dei più importanti di Catania, a villa Pacini: il parco all’ingresso del mercato della pescheria, che si trova a pochi passi da piazza Duomo. Giampiero Salvo, il fratello di Salvatore Massimiliano avrebbe confidato che Buda “era associato al sottogruppo dei Privitera, capeggiato dal cugino, per conto del quale gestiva affari”. Messina racconta anche che un certo ‘Prassede’ lo aveva contattato per un credito di 70 mila euro nei confronti di un amico di Buda e in quell’occasione il boss Massimiliano Salvo avrebbe confermato che Orazio Buda apparteneva al gruppo di ‘Pilu russu’, cioè Orazio Privitera e si era “arricchito” con i soldi del clan “senza aver mai scontato un giorno di detenzione”.
Il tribunale di Catania analizza anche la pronuncia del Riesame che nel 2021 ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare ritenendo “incerta” la partecipazione di Buda al “sodalizio criminoso”.
Il Riesame, infatti, condivideva la linea difensiva che puntava sui “contrasti” tra i due cugini, richiamando i verbali del pentito Giacomo Cosenza, secondo il quale Orazio Buda si sarebbe appropriato di “proventi estorsivi spettanti al Privitera”.
Il Collegio non condivide questa tesi e “ritiene al contrario che, proprio l’esistenza di un contrasto tra due cugini, appartenenti al medesimo clan mafioso, con numerosi interessi economici in comune, non solo non esclude il fatto che Buda curasse effettivamente gli affari per conto del clan dei Privitera riciclando in attività lecite, bar, chioschi…ma rafforza proprio la tesi accusatoria secondo la quale è plausibile che la sussistenza di tali contrasti…fosse da addebitare proprio a questa cointeressenza di interessi economici illeciti”.
Non solo litigi, Buda fece la pace con il cugino, come sottolineava il Gip Luigi Barone nell’ordinanza che conteneva anche le intercettazioni con il messaggio inviato a Privitera tramite lo zio che era andato a trovarlo in carcere: ““Io te lo voglio dire perché cioè …me lo ha detto lui (ndr: riferendosi a Orazio Buda, )- lui ti manda un bacio ….fai tu…ti manda un bacio – Io te lo sto dicendo….credimi io ero combattuto….non te lo volevo neanche dire…..lui ti manda un bacio, mi ha detto questo…poi fai tu – io nel senso …io la cosa te la sto dicendo…”, ha detto Giambattista a Privitera. E anche la moglie gli ha fatto eco: “Il messaggio te l’ha portato…”.“Giambattista riferiva – annota il gip Barone – che il Privitera pur avendo mostrato un certo risentimento nei suoi confronti aveva ricambiato il bacio”.
Gli inquirenti analizzano anche le dichiarazioni dell’ex boss del clan Nardo di Lentini Alfio Ruggeri secondo il quale Buda “faceva parte” del clan Cappello/Carateddi, si occupava di “estorsioni e traffico di stupefacenti oltre che della gestione del parcheggio della discoteca La Cucaracha”. Ruggeri era stato in carcere con Privitera dal 2005 al 2008 e, parlando dei rapporti tra i due cugini, ricordava che “Privitera” gli aveva chiesto come si fosse comportato con loro Orazio Buda. E aggiungeva: “Orazio Privitera è un tipo abbastanza irascibile, a volte entrava in contrasto con Orazio Buda, ma non sapeva per quali ragioni”.
“L’esistenza di contrasti tra Orazio Privitera e Orazio Buda non è quindi – conclude il tribunale – da ritenersi logicamente incompatibile ex se con la circostanza riferita dallo stesso Ruggeri oltre che da Bonaccorsi e dal Messina”. In pratica il tribunale condivide la tesi secondo cui Buda avrebbe reinvestito in attività lecite i proventi dei delitti del clan “del quale faceva parte”. A questo si aggiungono le verifiche della guardia di finanza, che hanno analizzato i redditi di Buda e le società a lui riconducibili: è scattato così il sequestro di importanti attività commerciali.
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19 Ottobre 2023, 05:02