18 Gennaio 2024, 17:12
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CATANIA – Non solo usura, estorsioni, traffico di droga. Anche bische clandestine e il sogno di gestire agenzie di scommesse per il gioco online direttamente attraverso il clan di Picanello. Dagli atti dell’operazione Oleandro, eseguita dalla Guardia di Finanza, emergono i rapporti con il re dei giochi, Antonio Padovani, più volte finito nel mirino degli inquirenti per le sue relazioni pericolose.
Dal gioco d’azzardo alle discoteche. Un imprenditore di spessore nel settore delle sale giochi, fondatore della storica Vegas e dei centri scommesse, ma anche, nel passato, gestore di una discoteca di grido, il Divina. Per gli inquirenti ha coltivato relazioni pericolose e il Gip Giuseppina Montuori ripercorre il suo curriculum giudiziario. Prima i “presunti legami con le organizzazioni attive in Sicilia“, nel 2009 l’arresto per gioco d’azzardo con i parenti stretti di un boss di Caltanissetta. Poi l’inchiesta della Procura di Napoli e quella di Reggio Calabria, la celebre operazione Gambling sul gioco d’azzardo online.
Padovani è stato descritto come “il capo di un’organizzazione che gestiva slot machine, videopoker e siti web per il gioco d’azzardo, eludendo le leggi nazionali vigenti”. Su di lui ha parlato il pentito Fabrizio Lanzafame, ritenuto credibile dagli inquirenti, tanto che scattarono misure di prevenzione a carico di Padovani, come la sorveglianza speciale e l’obbligo di soggiorno. Ma è sull’asse dei rapporti con i Santapaola-Ercolano che la Procura di Catania sostiene che “dirigeva un’associazione criminale che operava nella raccolta e gestione delle scommesse sportive in varie province della Sicilia”.
Carmelo Salemi, il boss di Picanello, aveva un debito di 50 mila euro con Antonio Padovani. Le cimici della finanza registrano una conversazione con Giuseppe Gambadoro, arrestato nel blitz Oleandro, che parlava della rateizzazione dei soldi dovuti dal reggente. Debiti di gioco, Padovani ne approfittava per istruire il presunto affiliato su come aprire e gestire un’agenzia di scommesse. Sulla base di queste intercettazioni, scattarono provvedimenti cautelari e una condanna di Padovani, ricorda ancora la Gip etnea.
Per aprire il “conto gioco” e gestire una sala scommessa, Gambadoro avrebbe dovuto contattare un uomo di fiducia del re dei giochi, tale “Rocco”, ovvero Rocco Salvatore Felis, pregiudicato. Padovani parlava anche delle creazione di un’agenzia del clan, “un’agenzia che riguarda voi”, che avrebbe consentito la concessione di fidi , crediti e anticipi sugli utili. Servivano tanti soldi, dicono nelle intercettazioni, proprio per questo, l’agenzia del clan si sarebbe potuta espandere fino all’area di Giarre.
E vengono fuori nomi di peso, sulla scorta dell’influenza di “Melo” Salemi e della sua “autorevolezza” mafiosa: quello di “Ciccio” Napoli, per esempio, scarcerato nel 2019 dopo 13 anni di carcere e affidato ai servizi sociali. Il Gip sostiene che le intercettazioni dimostrano “il coinvolgimento di Antonio Padovani in attività illegali legate al gioco d’azzardo e alle scommesse, oltre ai suoi legami con il mondo del crimine organizzato e con il clan di Picanello in particolare, per il quale svolgeva le citate attività illecite”. Ma il suo nome non risulta nel primo elenco degli indagati. Bisognerà attendere la conclusione delle indagini per comprendere se la Procura formalizzerà nuovi addebiti al re delle scommesse.
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18 Gennaio 2024, 17:12