Martusciello: “Quando a Palermo |fui l’unico osannato dai tifosi | nel bel mezzo della contestazione” - Live Sicilia

Martusciello: “Quando a Palermo |fui l’unico osannato dai tifosi | nel bel mezzo della contestazione”

Quando, negli anni Novanta, giocava nell’Empoli di Spalletti e delle due promozioni consecutive dalla serie C alla A, la curva cantava, sulle note di “O Sarracino” di Renato Carosone: “O Martusciello, bello guaglione, tutta Empoli ffà ‘nnammurà”. Di quella squadra Giovanni Martusciello era uno dei leader, centrocampista di quantità che via via affinò anche la qualità. A Empoli, per tenere alto il morale del gruppo e sdrammatizzare le situazioni difficili aveva lanciato la moda delle vecchie trasmissioni della Smorfia (il gruppo comico che lanciò Troisi) su videocassetta.

I calciatori imitavano gli sketch per divertimento e scaramanzia. Martusciello è tornato ad Empoli. Ha smesso di giocare quattro anni fa, a 33 anni, per un problema a una caviglia. Insegna tecnica ai giovani di tutte le categorie del vivaio del club toscano. L’Empoli è sempre stata la sua casa, quella per cui ha lasciato Ischia con la moglie Restituta e il figlio Alfonso (nato il 19 agosto, stesso giorno e mese del padre), quella per cui ha smesso la maglia dell’Ischia Isola Verde, indossata sette stagioni. In mezzo all’andata e al ritorno a Empoli altre storie, anche un breve passaggio in rosanero, alla fine della C/1 del 1999/2000. “Passaggio breve ma decisivo – spiega il diretto interessato – una svolta affinché continuassi a fare il calciatore…”.
Però ha smesso relativamente presto…
“Mi hanno fermato i guai fisici, fosse dipeso solo da me avrei continuato fino a cinquant’anni”.
Dopo Empoli andò al Genoa, richiesto da Delio Rossi…
“E lì trovai uno spogliatoio pessimo. Non entrai in depressione, ma m’incupii molto. Ero abituato a una squadra in cui tutti davano il massimo l’uno per l’altro. In quel Genoa, invece, c’erano situazioni assurde nello spogliatoio. Poi, esonerato Rossi, mi misero da parte. E a me chiaramente non stava bene…”.
E alla prima occasione utile passò al Palermo?
“Sì, ricorrerendo a un escamotage burocratico. Arrivai in Sicilia a marzo, quando il mercato era chiuso da un pezzo. Feci la rescissione con il Genoa e in seguito avrei firmato un nuovo contratto. Il Palermo era della Roma di Sensi e il ds giallorosso Franco Baldini conosceva il mio procuratore. Così escogitarono questo trucchetto a fin di bene… Al Palermo mi volle Morgia e in quei mesi, grazie a gente come Sicignano, Bevo, Bombardini, Mastrolilli, Puccinelli, ritrovai un vero gruppo solidale con tutti i compagni e mi rimisi in sesto a livello mentale”.
Con la squadra che puntava disperatamente ai play-off arrivò per le ultime dieci partite …
“Sì, ma io ne giocai la metà a causa di un infortunio. Prima di firmare per i rosa mi ero allenato per più di un mese da solo, la mia preparazione era approssimativa, ero reduce da un’infiammazione alla mia solita caviglia. Arrivammo a Crotone dopo un viaggio terrificante in pullman. Partivo dalla panchina, poi Morgia mi fece cominciare il riscaldamento. Mentre facevo stretching i calabresi segnarono e io nell’imprecare diedi un calcio a un tabellone pubblicitario e feci un movimento strano. Rimasi fuori quattro settimane per un infortunio ai flessori”.
Al rientro in campo, però, si regalò un gol?
“Sì, un filo di speranza in chiave play-off. Poi Sonzogni subentrò a Morgia e arrivammo all’ultima decisiva gara di Nocera, con i nostri avversari che ci fecero la guerra, fin dall’accoglienza negli spogliatoi e con continue minacce fuori e dentro il campo. Perdemmo 1-0 e ai play-off andò l’Arezzo per la migliore differenza reti”.
Poi fu il momento della contestazione…
“Sì, allo stadio i tifosi ci aspettavano davanti al cancelletto d’ingresso al campo. Sonzogni con pragmatismo settentrionale ci disse di andare subito ad allenarci. Io ero tra quelli che protestavano, gli dissi che non volevo prendere schiaffi. Poi mi decisi, anche perché la gente si chiedeva dove ero finito. Per me ci furono solo applausi, i tifosi mi avevano premiato perché capirono che a Nocera avevo dato tutto. Una cosa del genere l’ho riscontrata solo a Palermo”.
E le è rimasta impressa?
“Sì, significa che non conta solo il risultato, ma davvero anche impegno e buona volontà, non lo dimenticherò. È un episodio che racconto spesso ai ragazzi del settore giovanile dell’Empoli”.
È più tornato a Palermo?
“In campo da avversario, con Catania e Cittadella. Ho fatto anche due gol, esultando ma senza esagerare”.
C’è mai stata la possibilità di tornare a vestire la maglia rosanero?
“All’inizio della gestione Zamparini. Mi contattò Schio per dirmi che mi avrebbero ripreso volentieri. A malincuore rifiutai, stavo troppo bene al Cittadella”.
È in contatto con nessuno dei vecchi compagni del Palermo?
“Mi è capitato di sentire al telefono Bevo, Sicignano, Bombardini, il vecchio Montalbano”.
Montalbano che gioca ancora, in Eccellenza con l’Enna…
“Ha sempre avuto un fisico statuario. Io avrei fatto come lui, perché la passione fa fatica ad esaurirsi”.


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