02 Febbraio 2021, 11:20
3 min di lettura
PALERMO – Matteo Messina Denaro si è inabissato, ma “continua a ricomparire periodicamente per impartire regole di comportamento ai suoi sodali, per risolvere questioni di interesse dell’organizzazione criminale e per nominare ovvero rimuovere i vertici delle diverse articolazioni mafiose siciliane”.
Nel blitz che ha portato al fermo di 23 persone (in realtà sono ventuno perché Messina Denaro resta latitante e Giuseppe Falsone era già in carcere) aggiorna al 2020 l’anno in cui il latitante di Castelvetrano sarebbe intervenuto nelle dinamiche di Cosa Nostra. Sono altri a riferirlo, resta da capire se millantano oppure sono davvero informati. A differenza di altre volte gli investigatori prendono sul serio il contenuto della frasi intercettate.
Il primo riferimento al capomafia di Castelvetrano emerge da un’intercettazione del 2 maggio 2019 all’interno dello studio legale dell’avvocata Anna Porcello. A parlare sono Giancarlo Buggea, uomo d’onore di Canicattì e Simone Castello di Villabate, che in passato è stato uno dei posti di Bernardo Provenzano. Discutono di un grosso affare che deve coinvolgere anche la famiglia americana dei Gambino.
Buggea e Castello ad un certo punto scelgono di non parlare e iniziano a scrivere su un foglio di carta. Buggea, però, sussurra il nome del latitante: “Messina Denaro… iddu… la mamma del nipote che è di qua… è mia commare… hanno sequestrato tutti i telegrammi mandati dalla posta di Canicattì… per vedere… per capire…”.
Il coinvolgimento di Messina Denaro si fa più esplicito il 13 gennaio
2020. I due interlocutori sono Buggeta e lo stiddaro Antonino Chiazza. Hanno in programma di esautorare l’anziano boss di Canicattì, Calogero Di Caro. Per farlo sanno di avere bisogno del via libera di Messina Denaro che può essere informato attraverso un canale riservato di comunicazione. Gli riconoscono il potere di incidere anche nelle decisioni delle altre province. “… e quelli di Trapani lo sanno dov’è?”, chiede Chiazza. Buggea è chiaro: “Minchia, non lo sanno? Lo sanno… sua madre, non ti ricordi che…”. L’audio è disturbato. Si sente Chiazza aggiungere che “noialtri con Matteo glielo dovremmo dire… ci volevano altri due che ci andavano…”.
Sarebbe dunque una donna a potere attivare il canale di comunicazione? Secondo gli investigatori, dovrebbe trattarsi di Maria Insalaco, la madre di Luca Bellomo, nipote di Messina Denaro (è il marito di Lorenza Guttadauro). Solo che la donna è deceduta ad aprile 2019.
Non è tutto. L’11 febbraio c’è un’ulteriore conversazione ancora più chiara. Buggea dice a Chiazza di sapere chi si occupa della gestione del latitante. “Io lo so chi lo porta, io lo so chi lo porta”. Buggea può sfruttare il canale, anche se si rammarica di non avere avuto “l’onore e manco il piacere” di conoscere il latitante.
Addirittura Buggea riporta il volere di Messina Denaro, che ha saputo da terze persone: “… ascolta, vedi che… panza all’aria… (soprannome, ndr) ti posso dire una cosa? L’ho chiamato in questi giorni, gli ho detto… e lui era qua a Canicattì! E tutti già ci stavano… me lo hanno detto a me… dice che c’erano chiacchiere con Matteo Messina Denaro, dice che non vuole… i carabinieri e la polizia”. E prosegue parlando di un affare che vedrebbe interessato il latitante. Chiazza ascoltando queste parole riconosce il “carisma” del suo interlocutore. Buggea millanta o sa davvero chi protegge l’imprendibile latitante. Una cosa è sicura: se c’è traccia di tutto ciò nelle carte giudiziarie vuol dire che la pista non ha portato a nulla.
Pubblicato il
02 Febbraio 2021, 11:20