21 Gennaio 2021, 06:17
5 min di lettura
In Sicilia sono stati erogati 553,37 milioni di contributi a fondo perduto: 403,07 dal decreto Rilancio e 150,30 dai decreti Ristori. Lo rileva la Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate. In totale sono stati effettuati 246.725 pagamenti. Le province che ne hanno usufruito in quota maggiore sono Catania con 53.568 pagamenti, 127,16 milioni (93,57 mln dal Dl Rilancio e 33,59 mln dai Dl Ristori), e Palermo con 114,92 milioni (79,75 mln dal Dl Rilancio e 35,17 mln dai Dl Ristori) con 46.30 pagamenti.
Uno spaccato che rappresenta la situazione indennizzi nell’Isola. I primi sostegni stanziati durante l’inizio della pandemia, sono stati seguiti a ottobre da quelli previsti dai Dl Ristori, nati con lo scopo di compensare le misure restrittive contenute nel Dpcm in materia di contrasto al Covid-19. Le testimonianze dei ristoratori e dei diversi esercenti denunciano che qualcosa non sta funzionando per il verso giusto. All’unisono dicono che i ristori sono insufficienti per tirare a campare e salvare le attività.
“La prima cosa che salta agli occhi, è la notevole riduzione tra l’importo erogato con il Dl Rilancio rispetto a quello Ristori”, commenta i dati dell’Agenzia delle Entrate il presidente dell’ordine dottori commercialisti ed esperti contabilità. Un abbassamento che secondo Fabrizio Escheri evidenzia come qualcuno stia ancora attendendo il sostegno, ma si potrebbe trattare anche di una correlazione con le diverse imprese che nel frattempo hanno chiuso battenti. “Non sono di certo le procedure a non aver funzionato – dice – i professionisti hanno operato e l’Agenzia delle Entrate pure”. Le sue perplessità, invece, ricadono sulla strategia politica adottata dal governo. “Interventi a pioggia non adatti – sottolinea – una goccia ciascuno non è utile a mantenere in vita il sistema economico”.
La strada da percorrere per Escheri sarebbe inversa a quella fatta fino a oggi. “Le risorse – spiega – dovrebbero essere utilizzate al massimo, in maniera incisiva, per consentire alle imprese di aprire e non per sostenere le chiusure. Serve dare la possibilità di lavorare in una condizione di sicurezza”. E proprio su questo tasto dolente che il presidente evidenzia come i titolari abbiano investito risorse per garantire ai clienti un ambiente sicuro e oggi si ritrovano con le saracinesche abbassate. “Uno sforzo – aggiunge – che non è stato sufficiente perché l’assoluta anarchia che c’è stata in altri ambiti ha portato alla crescita dei contagi. Paghiamo le conseguenze dei liberi tutti e del natale”.
“Dal punto di vista finanziario – prosegue – è uno sforzo enorme ma è sempre una goccia in mezzo al mare. Di fatto se facciamo un calcolo a ogni impresa, arriva un sostegno di 2 mila euro circa a beneficiario: non c’è un’azienda che può restare in vita con un contributo di questo importo”. Definito dal presidente dell’ordine dei commercialisti: “un piccolo aiuto contro la disperazione”. “I parametri non sempre tengono conto degli effetti successivi alla pandemia, per esempio il periodo dopo l’estate è stato ancora più drammatico del lockdown”.
La disperazione e l’incertezza negli occhi dei commercianti raccontano che non esiste Rilancio o Ristori che possa reggere la situazione attuale. “Oggettivamente le risorse per quanto cospicue non sono sufficienti –aggiunge Escheri – considerando che siamo tornati in zona rossa. Le attività, soprattutto quelle dei codici Ateco, potranno svolgersi in maniera limitata soprattutto alla luce delle nuove limitazioni agli spostamenti. È evidente che non sappiamo quanto il sistema economico locale possa resistere a un altro lungo periodo. Lo Stato deve consentire di far vivere le imprese – conclude – impegnandosi attraverso la campagna di vaccinazione ma anche alla messa in sicurezza dei trasporti”.
“Si cambi metodo o sarà un disastro”, è il commento di Confesercenti Sicilia. “La scelta del codice di attività economica Ateco, come criterio di selezione delle imprese, continua a fare danni. Un problema evidente anche nell’ultimo Dpcm, che impone nuove restrizioni alle attività di bar e alle bottiglierie, ma si dimentica di minimarket, gdo e di tutti quegli esercizi per cui la somministrazione o la vendita di alcolici e bevande non è l’attività prevalente. Il codice Ateco è del tutto inadeguato a fornire una fotografia affidabile della realtà delle imprese. Utilizzarlo vuol dire lasciarne migliaia nell’incertezza normativa, perché possono avere un codice di attività ‘prevalente’ che non corrisponde alla totalità dei servizi offerti”, spiega Confesercenti Sicilia. “Occorre una soluzione che superi il sistema dei codici Ateco”, fa eco il presidente di Confesercenti Palermo, Francesca Costa. Per quanto riguarda i sostegni del governo anche lei li definisce “insufficienti e inadeguati”. “Le modalità di calcolo sono riferite al periodo 2019-2020 ma adesso abbiamo un anno bianco e di fermo. Sono ristori che non sono in grado di coprire le perdite sia per le attività chiuse, come da decreto, sia per quelle aperte che subiscono a cascate le restrizioni”.
“Chiediamo indennizzi immediati e commisurati al calo di fatturato”, a dichiararlo è il presidente di Confcommercio Palermo. “I dati relativi alle somme stanziate danno la misura della catastrofe economica, irrisolta, del territorio. Gli aiuti arrivati sono meno del 7%”. Adesso per Patrizia Di Dio è necessario un intervento chirurgico per governare l’emergenza sanitaria ma anche quella economica e sociale. Garanzie, tempi e termini sono le richieste avanzate dal settore per affrontare il periodo che reputa di “maggiore incertezza rispetto a marzo”. “Stiamo cercando nuovi mercati, soluzioni di buon senso per contemperare alla situazione. L’adrenalina – commenta – per fortuna ci aiuta a non gettare la spugna. Passando al nodo delle tasse, il presidente di Confcommercio chiede la sospensione del peso fiscale a cui sono sottoposte le aziende “se non si incassa e si crea reddito non si possono pagare”. “Sembra quasi di assistere alla scena di uno Stato patrigno – aggiunge- non dà lavoro, non sospende le imposte e chiude le attività”. Anche sugli attuali limiti previsti per la zona rossa Di Dio chiede una revisione perché “creano una disparità tra le aziende e tutte sono essenziali. Non è equo che a pagare siano delle imprese più di altre. Proponiamo turnazione tra tutti i codici Ateco, orari diversificati delle attività per evitare il sovraffollamento dei mezzi e per limitare e contingentare i flussi”.
Pubblicato il
21 Gennaio 2021, 06:17