In rosso e al verde - Live Sicilia

In rosso e al verde

Quanto possono resistere ancora le categorie inghiottite dalla crisi economica? E' chiaro che serve un cambio di passo.
CORONAVIRUS
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4 min di lettura

Mentre la Lombardia protesta per la zona rossa che taglia le gambe all’economia, la Sicilia s’è vestita di rosso praticamente su richiesta, dopo che sindaci delle grandi città e Regione hanno chiesto al governo centrale di imporre all’Isola le misure di contenimento massime. Il governatore Musumeci, alla luce dei dati allarmanti sui contagi, valuta di applicare strette ancora maggiori (una è già partita e riguarda e visite, vietate, ai parenti) rispetto al dettato dello Stato.

Come siamo arrivati a questo è presto detto, lo abbiamo riassunto ieri: in primis le strategie fuori tempo del governo centrale, che impose due mesi di lockdown generalizzato all’intero Paese in primavera, quando il virus era concentrato in grandissima parte in un’area ben definita e molto lontana dalla Sicilia, e invece ha proposto il fin qui fallimentare schema dei colori colpendo di fioretto quando la pandemia era di nuovo sfuggita di mano e la chiusura totale sembrava l’unica strada; in secondo luogo con il sostanziale fallimento dei controlli di fronte a comportamenti irresponsabili, purtroppo non marginali, e qui il flop coinvolge in qualche misura anche i Comuni; e infine una fragilità del sistema ospedaliero non risolta se non sulla carta, come ha detto al nostro giornale un membro del Comitato scientifico, che ha spiegato come un conto sono i posti sulla carta, un altro quelli che effettivamente funzionano perché, tra le altre cose, hanno il personale necessario, e qui a essere chiamata in causa è la Regione. Ma il tracollo di mezza Europa in questi giorni è sufficiente per comprendere che i passi falsi di chi ha responsabilità di governo di fronte a un’emergenza sanitaria così paurosa hanno molte attenuanti.

Ad ogni modo, cosa fatta capo ha, o come si dice dalle nostre parti, questa è la zita. E con questa bisogna avere a che fare. Cercando di non perdere di vista che oltre ai preoccupati con la pancia piena che applaudono ogni chiusura – quella platea vasta di persone alla cui vita la crisi economica da Covid ha fatto un baffo – ci sono i preoccupati perché disperati per gli effetti devastanti delle chiusure. Intere categorie rovinate, per le quali i ristori sono stati pannicelli caldi, gente che ha stretto i denti per qualche mese ma a cui ormai si impone una traversata nel deserto di un anno, roba per la quale ci vogliono spalle larghissime che tanti purtroppo economicamente non hanno.

In questi giorni vi abbiamo accompagnato quotidianamente in un viaggio negli effetti della crisi da Covid, dando voce a storie emblematiche di vite travolte dagli effetti economici della pandemia. Dai ristoratori, messi in ginocchio dai divieti (leggi l’articolo), ai teatranti, finiti in un tragico e dimenticato limbo (qui l’articolo), dalle agenzie di viaggio rimaste deserte (qui la loro voce) agli alberghi (qui l’articolo) o alle ludoteche rimaste a secco (qui l’articolo). Un elenco solo indicativo e non certo esaustivo.

È inutile girarci attorno, abbiamo ormai chiaro che se l’autunno è stato difficile lo sarà anche l’inverno. E che solo la primavera, quando almeno gli anziani saranno stati vaccinati (se ce la faremo in tempi così stretti) potrà portare un sostanziale miglioramento. Ma a Roma, tra una profferta a un possibile “costruttore” e  un’altra, chi governa ha messo a fuoco che difficilmente questo esercito di disperazione potrà resistere così a lungo? Non è forse ancora evidente che servono ulteriori misure mirate a salvare dall’inevitabile chiusura questi mondi da cui nei prossimi mesi potrebbero venire fuori milioni di disoccupati? La prima priorità è l’emergenza sanitaria, è il salvare vite, ma la devastazione economica da virus travolge e distrugge vite in un altro modo e va considerata con la massima attenzione. E con un qualche cambio di marcia se è vero che l’Italia primeggia non solo per le vittime in rapporto alla popolazione ma anche per gli effetti negativi della pandemia sul Pil.

I soldi, certo, si dirà. Dove si trovano i soldi. Per pagare il monopattino elettrico anche al figliuolo del signore da centomila euro di reddito annui li abbiamo trovati. Magari un’idea arriverà. Forse, chiedere un piccolissimo aiuto a chi la crisi economica non l’ha vista manco da lontano (il rapporto dell’Osservatorio regionale sul credito ci dice che in Sicilia in un anno i depositi sono aumentati del 5 per cento) per lenire la sofferenza di chi c’è finito dentro mani e piedi, potrebbe essere un’idea. Magari, contestualmente, trovando il coraggio di ammettere che non possiamo vivere di sussidi statali sen­za creare reddito o che è una pia illusione tentare di difendere l’occupazione finanziando con fiumi di soldi pubblici aziende-carrozzone chiaramente senza futuro. 


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