Migranti aggrappati alla chiglia o portati via dalle onde: il racconto

Migranti aggrappati alla chiglia o portati via dalle onde: il racconto

La testimonianza di un superstite ai Medici senza frontiere: "Ho bevuto tantissima acqua"
L'ULTIMO NAUFRAGIO
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POZZALLO (RG) – “Ci siamo salvati perché siamo riusciti ad aggrapparci alla chiglia della barca. Tutti gli altri sono stati portati via dalle onde. Io sono rimasto incastrato sotto la barca e ho bevuto tantissima acqua”. E la drammatica ricostruzione dell’ultimo naufragio di migranti nel Mediterraneo fatta da parte di uno dei superstiti a uno psicologo e un mediatore interculturale di Medici senza frontiere che hanno assistito 15 dei 17 sopravvissuti presenti nell’hotspot di Pozzallo.

Gli altri due migranti sono ricoverati in ospedale, ma non in gravi condizioni. Sono tutti ancora provati. Vengono tutti da uno stesso villaggio del Bangladesh, hanno un’età compresa tra i 18 e i 25 anni, e ognuno di loro ha perso un amico o un conoscente.

I soccorsi

Un giovane che viaggiava con dei familiari ha perso lo zio e il cugino. Durante l’intervento di primo soccorso psicologico offerto da Medici senza frontiere è emerso che le persone erano partite l’8 marzo da Tobruk. Prima di essere soccorse da un mercantile hanno visto un elicottero sorvolare la loro barca. Mentre il mercantile provava a soccorrerli l’imbarcazione su cui navigavano si è capovolta e 30 persone hanno perso la vita.

Castellano (Msf): “Abbiamo sentito le grida di gioia dei genitori”

“Abbiamo sentito le grida di gioia delle loro madri e dei loro padri dall’altra parte del telefono. Dopo aver appreso la notizia del naufragio tramite social media e messaggi, erano convinti che i loro figli fossero morti. È stato un momento molto emozionante”. Lo afferma Marina Castellano, team leader dell’intervento di Medici senza frontiere a Pozzallo, dopo le chiamate di 15 dei 17 superstiti dell’ultimo naufragio nel Mediterraneo.


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