Opinioni

Mondiali in Qatar, cronache da un inviato immaginario

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16 Novembre 2022, 17:19

6 min di lettura

Doha, Novembre 2022. E’ difficile diventare grandi quando per mestiere si deve seguire, soprattutto, il gioco del calcio. Per quelli che amano il calcio, e verranno qui, in questo deserto attrezzato a città, il tempo va da Agosto a Maggio: gli altri mesi non contano. Sono solo dei residui inutili del calendario solare, perché non fanno parte di quello del Campionato Nazionale, tranne quando ci sono i Campionati del Mondo. In quel caso conta, normalmente, anche Luglio.

Sono arrivato ieri a Doha, e la differenza con l’ultima volta in cui sono venuto, è nota solo a me. Nel 2021 ero venuto per seguire la risoluzione della disputa tra Sauditi e Qatarini, che firmavano un accordo che, per quello che può valere tra Arabi, ha riaperto la frontiera tra i due paesi, almeno fino ad oggi. Durerà? A sentire le tante voci Yankee che affollano il mio udito, sin dall’aeroporto, per adesso gli americani considerano anche questa penisola come parte del loro Giardino di Casa.

Quindi, fino a quando sarà così, quegli accordi reggeranno. Se dovessi però fare una previsione, direi che qui la salvezza del Pianeta, la preoccupazione per i cambiamenti climatici, e tutto il resto, non sono argomenti facilmente digeribili, materialmente ed intellettualmente, e le reazioni allo Spirito del Tempo non mancheranno. Provate a dire che dal 2030 non si consumerà più nemmeno una tavoletta di cioccolata, e vedrete se gli Svizzeri faranno salti di gioia. In Qatar, sotto questa spianata gialla e arsa, lanciata verso l’Iran, c’è tanto di quel gas da inquinare tutto l’Universo. Ma ciò che per noi è inquinamento, per chi ha il gas, e quasi null’altro, è la grande possibilità di esistere in questo mondo. 

Domenica si inizia con i padroni di casa contro l’Ecuador. A differenza delle altre volte, però, credo che non si metteranno da parte le discussioni di contorno, e in questo caso quelle sui motivi discutibili nell’organizzare i Mondiali in questo pezzo di Penisola Arabo Saudita. Non ci sarà giornalista o televisione, che tra una domanda e l’altra, non chiederà, soprattutto ai giocatori più rappresentativi, pareri sui diritti umani, sulla mancanza di democrazia, per provare a lavare la coscienza collettiva di chi comunque ha gareggiato per venire a fare questi Campionati del Mondo. In un contesto internazionale in cui un embargo o una sanzione non la si nega a nessuno, in questo caso si è preferito giocare, non fosse altro perché molte squadre del Continente Europeo, sono di proprietà genericamente Araba, e non è facile che un servo protesti e faccia problemi contro il suo padrone. 

Oggi ho fatto un giro per la città. Volevo capire l’atmosfera che si respira e sono andato a fare una perlustrazione in alcuni luoghi dove alloggeranno le squadre e in quelli dove si accamperanno i tifosi. La parola accamparsi non è esagerata. Per chi non potrà permettersi l’esercito edilizio di alberghi del Qatar, si è pensato bene di realizzare delle strutture temporanee con moduli a dimensione e forma di container a due posti, dove alla cifra di circa duecento euro a notte si potrà dormire o vegliare tra una partita e l’altra. Per le squadre, ovviamente, è un’altra storia. Per esse sono stati realizzati una quarantina di Campi Base con hotel e terreni di gioco. Ho visto, senza poter entrare, quello del Belgio, che occuperà un’ala dell’Hilton Salwa Beach Resort che dispone di circa tre chilometri di spiaggia privata, un parco a tema acquatico, un ristorante sottomarino e una pista per go-kart. Ora passiamo alle cose serie. 

Girone A. Passa l’Olanda. Se non dovesse farcela dovrebbero tornare a casa a nuoto. Se non fosse che il Qatar non è una normale sede ospite, direi che la seconda sarebbe il Senegal, ma dico Qatar perché alle volte il calcio è violato da altre questioni.  

Gruppo B. Avanti Inghilterra. Poi l’Iran. Questa volta, per loro, non è un bel risultato il solo essere qui, perché, geograficamente, è come se giocassero in casa. Sono Sciti, e giocano in terra Sunnita, e quindi per loro, questa sfida con la palla, è più che un gioco: passare il turno sarà una battaglia vinta di una lunga guerra iniziata con la morte del Profeta. 

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Nel gruppo C. Argentina e Messico. L’Argentina di Scaloni ha con se Correa, Di Maria, Lautaro Martinez, Dybala, Alvarez, Paredes. Messi è alla sua ultima chiamata. Per non battere, come minimo, l’Arabia Saudita, deve succedere qualche cosa di non prevedibile dentro questo Universo. Con il Messico pareggerà, e al Messico basterà battere l’Arabia Saudita. La Polonia? E’ un casus belli, e secondo me il destino ha lo sguardo lungo. 

Stringo un poco. Nel gruppo D Francia e Tunisia, cioè i ricchi e i poveri della lingua transalpina: il Porto Sicuro troppo lontano dal Canale di Sicilia e il Porto Sicuro più invisibile alle ONG. Gruppo E, sin troppo facile: Germania e Belgio. Gruppo F la sorpresa: fuori la Spagna, e vanno avanti Croazia e Marocco. Gruppo G, Portogallo e Camerun, perché il portiere della Svizzera non può parare sempre come ha fatto nelle due partite di qualificazione con l’Italia: il troppo storpia.  

Sul gruppo H ho poche idee. Secondo me è il più enigmatico. In teoria Brasile e Uruguay, ma nel calcio la teoria è velenosa. Serbi e Coreani, fanno parte di due etnie e culture, che le rendono ostiche anche se si giocasse a Monopoli o a Scopone Scientifico. Quando si deve vincere per forza, in base alla storia e al curriculum, io non vorrei mai incontrare i Serbi e i Coreani. Il cuore è per l’Uruguay. 

Non vado oltre. Più avanti vedremo. Ora si gioca, e come sempre le azioni, le gesta, la palla che disegna sull’erba traiettorie conosciute, ma sempre di ignota destinazione, prendono il posto di ogni altra questione. Anche in questo posto, immerso a Bagno Maria nel Mar Arabico, con una umidità assassina, con una Casa Regnante volgare, prima ancora che dispotica, con il calcio d’inizio si accendono i meccanismi dei sogni ad occhi aperti. Tutti gli esseri umani sognano, ma lo fanno soprattutto di notte, senza volerlo. Sono quelli che lo fanno da svegli ad essere indimenticabili, perché possono agire sul loro sogno per renderlo possibile, ad esempio, attraverso una palla che rotola in rete.

Fu Borges a proclamare: “Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio”. Con il calcio, o si ha una storia d’amore, oppure non ci può essere nemmeno amicizia. Galeano non era ancora nato, quando l’Uruguay vinse nel 1930 la sua prima Coppa del Mondo, ma aveva dieci anni quando nel 1950 vinse la seconda e ultima. “Io so perché l’Uruguay vinse il Mondiale del 1950. Avevo dieci anni ed ero molto religioso, devoto del Calcio e di Dio, in quest’ordine. La Celeste fu trascinata sì dalla bravura di Varela, dall’astuzia di Schiaffino e dalla velocità di Ghiggia, ma vinse soprattutto per le nostre preghiere. Volevamo il miracolo.” Domenica inizia il Mondiale di Calcio, e in giro per il Mondo, credenti e atei, per un attimo dimenticheranno ogni pretesa spirituale o autoreferenziale, metteranno da parte la salvezza dell’anima e l’ambizione di una vita materiale degna di essere vissuta, per invocare qualsiasi Divinità esistente e immaginabile, a cui si creda o meno, affinché compia per loro il loro miracolo e non per gli altri.

Er Lawrence, Doha, 19 Novembre 2022

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16 Novembre 2022, 17:19

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