PALERMO – “Queste non sono persone, sono bestie”: Vincenzo Turdo riesce a parlare a fatica. Suo figlio Salvatore è una delle tre vittime della strage di Monreale. Aveva 23 anni.
“Sono persone salite in paese con l’intento di uccidere, altrimenti non esci di casa armato. Hanno spezzato la vita a tre persone e distrutto tre famiglie – racconta -. Era tutto programmato. Avevano le pistole in tasca, hanno fatto il giro e hanno iniziato a sparare. Avevano l’obiettivo di distruggere la vita di tre bravi ragazzi”.
Raccoglie il fiato e prosegue: “Non meritano di stare sulla faccia della terra. Le persone normali queste cose non le fanno. Lavorano, si divertono ma non ammazzano la gente”.
La voce si ferma per qualche istante. Poi riprende: “Salvatore era un ragazzo d’oro, un grande lavoratore che usciva di sera solo il sabato e la domenica”.
Parla del rapporto speciale con il cugino Andrea Miceli: “Lavoravano insieme. Sono cresciuti insieme e insieme sono morti. Non so se ce la possiamo fare. Stiamo provando un dolore immenso. Non si può descrivere quello che stiamo vivendo. Ci hanno rovinato la vita. Io, mio cognato, tutti quelli della famiglia. Spero solo che il Signore mi dia la forza, ma la nostra vita è finita”.
Ci deve essere qualcosa in cui provare a cercare conforto: “Spero solo nella giustizia. Le persone normali sono quelle che lavorano, non la gente come loro. Non li voglio vedere fuori dal carcere dopo due giorni”. Le indagini proseguono per trovare chi avrebbe sparato assieme al fermato.