12 Dicembre 2018, 18:51
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PALERMO – E’ un evento non prevedibile, ma nei confronti del quale è possibile adottare delle precauzioni. La morte in culla, tragedia che ancora una volta colpisce una famiglia palermitana, è una sindrome che si manifesta in circa quindici bambini all’anno in Sicilia, con un’incidenza dello 0,5 per mille a livello nazionale.
A perdere la vita, oggi, una bimba di un mese: i suoi genitori, che abitano nella zona della Guadagna, si sono accorti che non respirava più, nonostante l’intervento dei sanitari del 118 per la neonata non c’è stato nulla da fare. “La sindrome – spiega il dottore Domenico Cipolla, direttore del dipartimento Materno Infantile dell’Asp – può colpire bambini apparentemente sani, per questo forniamo delle linee guida che si basano su comportamenti modificabili, in grado di evitare il peggio.
Il rischio esiste fino al primo anno di vita, i primi sei mesi sono quelli da monitorare di più. E’ consigliabile far dormire il bambino sulla schiena e non a pancia in giù, evitare il fumo in gravidanza e in casa, ma è bene anche non farlo dormire sul letto tra i genitori. Sulle cause ci sono diverse teorie – aggiunge – compresa la multifattorialità di patologie che possono manifestarsi dopo la nascita”.
A rappresentare un vero e proprio punto di riferimento, in Sicilia, è il Centro Sids-Alte (Sudden Infant Death Syndrome) dell’ospedale Buccheri La Ferla, unico nell’Isola, che si occupa sia di prevenzione che di monitoraggio domiciliare in caso di fattori di rischio e sintomi da non sottovalutare.
“Il nostro lavoro – spiega il referente del centro, il dottor Raffaele Pomo – promuove le norme comportamentali che riducono sensibilmente l’incidenza della morte in culla, sia con i corsi pre parto che durante la degenza ospedaliera. Il monitoraggio domiciliare – sottolinea – è una sorta di sorveglianza elettronica con allarme dei parametri vitali dei neonati considerati a rischio di gravi problemi cardio- respiratori e quindi di morte improvvisa. Forniamo dei monitor i cui dati vanno letti a scadenza e poi trasmessi al nostro centro”.
“Puntiamo molto alla campagna sulla riduzione del rischio – sottolinea – perché esistono comportamenti che possono essere modificati e in grado di evitare le tragedie. Il nostro centro, inoltre, assiste anche i genitori psicologicamente, spesso colpevolizzati per qualcosa che in realtà non si può prevedere. In particolare, rappresentiamo in tutta la regione un punto di riferimento anche per le famiglie in cui ci sono già stati dei precedenti: alla nascita di un altro figlio, ci viene spesso chiesto di controllare la situazione”.
La presenza di un monitor contribuirebbe, infatti, a rasserenare notevolmente i genitori che hanno già vissuto un dolore enorme. Nel dettaglio, “consente di evidenziare le anomalie dei parametri vitali – prosegue il dottor Pomo – cuore, respiro e saturazione, e di allertare, tramite un sistema di allarme, chi ha la custodia del bimbo se qualcosa non va, dando la possibilità di intervenire tempestivamente. Inoltre consente di memorizzare tali eventi consentendo al medico di esaminarli successivamente”.
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12 Dicembre 2018, 18:51