Musulmani, cristiani e l’orrore | Questa Sicilia è già in guerra

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16 Aprile 2015, 16:33

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PALERMO– C’è una guerra in corso, la Sicilia è in prima linea. Si tratta del conflitto peggiore: quello a sfondo religioso che non conosce quartiere, né pietà. E’ la cronaca a cadenzare il bollettino delle vittime e a dare precise indicazioni sul movente di tanto orrore. Oggi alcuni migranti sono stati fermati a Palermo con l’accusa di avere gettato altri immigrati fuori bordo, semplicemente perché cristiani.

Con tutte le cautele del caso, richieste dalle indagini, il diagramma di una nuova e consueta tragedia appare coerente con quello che sta accadendo nel mondo. Dietro tanto sangue, ci sarebbe una rissa con precisi fotogrammi di violenza per motivi di religione: musulmani che uccidono cristiani. Non è poi uno scenario molto diverso dalla storia contemporanea del quattordicenne Namuman Marsih, arso vivo a Lahore, per lo stesso torto: il suo essere cristiano. Una orribile vicenda che pensavamo almeno lontana, per quanto sanguinaria, e che invece, nel suo senso, ci riguarda da vicino. Anche nel Canale di Sicilia si muore per le stesse ragioni.

C’è una guerra in corso, con la Sicilia in trincea, c’è una “invasione quotidiana” che non riguarda più soltanto la vita di chi viene a cercare fortuna, portando il peso dei suoi sogni su barchette sgarrupate, ma un progetto criminale ramificato che conta sulla catena della solidarietà.

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Secondo Graham Leese, consulente speciale per l’agenzia Frontex, sarebbe proprio le organizzazioni che gestiscono il traffico di esseri umani ad avvertire in anticipo degli sbarchi le autorità italiane. Quei carichi di disperati comunque saranno recuperati. Veri o approssimativi che siano i contenuti dell’intervista rilasciata dal super-esperto al ‘Daily Telegraph’, rimane il dubbio che la cultura dell’accoglienza a prescindere sia un incentivo per le mafie che speculano sulle esistenze altrui e una porta aperta per futuribili cataclismi.

E’ un principio di corretta umanità garantire il soccorso a tutti, ma al tempo stesso si dovrebbe riflettere e mettere in campo iniziative di respiro europeo per non lasciare i siciliani indifesi, su uno scoglio sguarnito, assediato dall’esterno e roso dall’interno a causa delle sue macerie. Un piccolo scoglio che potrebbe diventare una polveriera, un centro di reclutamento per futuri attentatori, una centrale occulta del terrorismo; senza contare la minaccia dei tagliagole dell’Isis in servizio permanente effettivo a pochi chilometri da qui.

“I testimoni, piangendo, hanno raccontato di essere superstiti di uno scontro religioso scaturito dall’odio di un gruppo di musulmani verso i cristiani”, questa la nuda cronaca dell’Ansa a proposito degli arresti di Palermo. Ed è proprio la contaminazione di un odio spaventoso che avvolge il nucleo della nostra identità, perché è quello che siamo e che vogliamo essere la causa che scatena la violenza. Occidentali, siciliani e di radici cristiane. Viviamo al riparo di una fragile trincea d’acqua, in mezzo alla guerra; prenderne consapevolezza è solo il primo passo.

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16 Aprile 2015, 16:33

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