08 Luglio 2021, 15:35
3 min di lettura
PALERMO – Tutti assolti. Il fatto non sussiste per burocrati, imprenditori e progettisti. Erano imputati nel processo che ruotava attorno alla nascita di un cinema multisala nell’ex stabilimento della Coca Cola di Palermo. Lavori bloccati per sospetti abusi edilizi. Si tratta dello stesso stabilimento che avrebbe dovuto ospitare Decathlon, ma anche questa iniziativa non andò in porto.
Gli imputati erano Alessandra Autore, dirigente del settore Servizi alle imprese (Suap) del Comune di Palermo, il progettista Adriano Canepa, Maria Mandalà, anche lei dirigente del Suap, Andrea Schirò (responsabile del procedimento) e l’imprenditore Santo Lanzafame. Il Tribunale presieduto da Fabrizio La Cascia, oltre all’assoluzione, ha disposto il dissequestro della struttura.
Gli imputati erano difesi dagli avvocati Roberto Mangano, Enrico Sanseverino, Claudio Gallina Montana, Vito Agosta ed Enzo Mellia.
Il progetto prevedeva la costruzione di undici sale con tremila posti a sedere, bar e ristoranti. Un mega struttura progettata dalla Moviplex a cui è poi subentrata la Maxcine. Secondo l’accusa, il progetto di Tommaso Natale non avrebbe avuto i requisiti per essere approvato.
Le indagini partirono da un esposto del 2013. Gli interventi di ristrutturazione dovevano rispettare i volumi della vecchia struttura. “L’edificio ricostruito a seguito di demolizione totale del preesistente – si leggeva nel decreto di sequestro – presentava la realizzazione di un corpo di fabbrica di dimensioni, sagoma, volume, altezze e area di sedime diversi da quelli originari, tale da doversi classificare come nuovo intervento edilizio”.
Secondo il pm, “non si sarebbe potuta realizzare” una nuova struttura vista la vicinanza del cinema Aurora. Quest’ultimo dista 660 metri dal nuovo multisala, al di sotto dei sei chilometri che, regolamento alla mano, devono esserci fra una struttura con più di 1300 posti a sedere e una già esistente con capienza inferiore.
Il cantiere di Tommaso Natale è stato piuttosto tormentato. Il Tar aveva dato il via libera al completamento della multisala, bocciando il ricorso contro il Comune dei titolari dei cinema Aurora, Metropolitan, Igiea Lido, Golden, Arlecchino e Ariston. Gli stessi che poi presentarono l’esposto in Procura. Il Tribunale amministrativo ritenne infondata la parte in cui si sosteneva la violazione della normativa regionale che limita l’apertura di nuovi cinema sulla base della distanza chilometrica.
Inammissibile, invece, fu dichiarata la parte del ricorso contro i presunti abusi edilizi: il Tar non affrontò nel merito la questione perché ritenne che i titolari della sale cinematografiche non avessero alcun diritto ad agire. Il Cga diede di nuovo ragione al Comune sostenendo che non si poteva bloccare il libero mercato e il singolo titolare di cinema non poteva agire da pubblico ministero vigilando sulla regolarità urbanistica.
Anni dopo dal Suap sarebbe arrivato il no a Decathlon perché “la destinazione urbanistica dell’area, classificata come D1, la rende incompatibile con attività che non siano esclusivamente industriali, artigianali e simili”.
Il paradosso, però, è che nel processo penale il Comune ha revocato la costituzione di parte civile, ritenendo che gli uffici avessero rispettato le regole, ma al contempo ha sostenuto la tesi opposta davanti al Tar. Perché nella vicenda c’è anche un capitolo amministrativo.
Dopo il “no” del Comune alla riconversione dell’ex area della Coca Cola, lo scorso dicembre il Tar ha riaperto il caso Decathlon, accogliendo il ricorso della società proprietaria dell’immobile e annullando il diniego del Suap: nelle zone D del Piano regolatore è possibile il cambio di destinazione d’uso di un edificio. Dunque anche per ospitare una struttura commerciale, solo che nel frattempo Decathlon ha virato su Trapani.
Pubblicato il
08 Luglio 2021, 15:35