23 Ottobre 2014, 16:16
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CALTANISSETTA – “Né il generale Subranni né il colonnello Mori mi hanno mai parlato di rapporti dei carabinieri del Ros con Vito Ciancimino. Se avessi avuto sentore di qualcosa del genere avrei cercato di saperne di più perché faceva parte del mio lavoro raccogliere informazioni utili per la lotta alla mafia”. Con queste parole l’ex numero tre del Sisde Bruno Contrada, nel corso della sua testimonianza nel quarto processo per la strage di via D’Amelio in cui morirono il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, ha escluso di essere a conoscenza di questioni riguardanti la presunta trattativa Stato-mafia. Contrada, deponendo davanti alla corte d’Assise nissena nel processo che vede imputati per strage i boss di Brancaccio Salvo Madonia e Vittorio Tutino, assieme ai falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci per calunnia, ha pure affermato di conoscere l’ex ministro Calogero Mannino fin dai tempi in cui era della squadra mobile.
“Nel periodo tra gli attentati di Capaci e di via D’Amelio – ha raccontato Contrada – Mannino mi disse che temeva per la sua incolumità. Discutemmo anche di una segnalazione dei carabinieri su pericoli per la sua sicurezza. La segnalazione era partita dopo che era venuto a galla uno scritto anonimo: il cosiddetto ‘Corvo 2’. Mi era stato chiesto di indagare per saperne di più. Ricordo che mi telefonò il generale Subranni, con il quale eravamo molto amici, e mi disse che voleva una copia di quell’appunto”.
“Escludo di avere incontrato Paolo Borsellino nel luglio del ’92: se questo fosse avvenuto lo avrei segnato nella mia agenda e non avrei motivo di negarlo”. Lo ha detto l’ex dirigente del Sisde Bruno Contrada, condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, davanti alla corte d’Assise nissena nel quarto processo per la strage di via D’Amelio, che vede imputati i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino, per strage, ed i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci, per calunnia. Contrada ha contestato le dichiarazioni rese dal pentito Gaspare Mutolo, il quale aveva parlato di un incontro tra lui e Borsellino. “Mutolo – ha spiegato – parla di un incontro tra me e Borsellino a Roma il 17 luglio del ’92, ma io ero in Sicilia in ferie dal 12 luglio. Il 17, inoltre, resi anche una deposizione al carcere militare di Forte Boccea al dottor Carmelo Petralia che doveva interrogarmi”. “Quello che dichiara Gaspare Mutolo è falso – ha aggiunto – e quando gli fu fatto presente che il 17 luglio ero a Palermo, cambiò versione e disse che l’incontro era avvenuto l’1 luglio, giorno dell’insediamento di Mancino come ministro dell’Interno. Mutolo mi accusa perché quando ero capo della squadra mobile di Palermo l’ho perseguitato e l’ho fatto condannare a 9 anni per estorsione e non riuscii a farlo condannare per l’omicidio di un poliziotto che collaborava con me”.
Contrada ha ammesso invece di avere incontrato Paolo Borsellino nel maggio del ’92 in una visita al centro Sisde di Roma e poi a giugno per la festa del giuramento degli armieri della Polizia. “Nella sede del Sisde – ha raccontato il teste – Borsellino incontrò l’allora direttore Alessandro Voci e seppi che raccomandò il trasferimento del dott. Sinesio al Sisde. Io entrai nella stanza del direttore Voci assieme ad altri funzionari e questi presentò Borsellino a tutti. Io lo conoscevo da tempo”. Bruno Contrada, inoltre, ha affermato di avere saputo della collaborazione con la giustizia di Gaspare Mutolo pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio e non all’inizio del mese di luglio. “A me lo disse – ha affermato l’ex dirigente Sisde – Antonio De Luca, che aveva lavorato per molti anno con me alla mobile di Palermo. Mi spiegò che stava rendendo dichiarazioni sul mio conto”.
(Fonte ANSA)
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23 Ottobre 2014, 16:16