Oggi Anna è stata prelevata

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21 Ottobre 2012, 09:46

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PALERMO – La prima volta che si sono presentati a scuola, un assistente sociale e due poliziotte, siamo rimasti un pò sorpresi: chiedevano di Anna (nome di fantasia), proprio quella ragazzina più volte “segnalata”, che spesso arrivava a scuola trasandata, sporca e anche con qualche livido. Dovevano “prelevarla” per accompagnarla in una struttura protetta, così recitava il documento firmato dal giudice. Finalmente dopo mesi qualcosa si è mosso, finalmente Anna troverà un ambiente più accogliente, finalmente non subirà più maltrattamenti, finalmente…

Finché non ho incrociato lo sguardo smarrito di Anna, e quelli spaventati dei suoi compagni, e le lacrime dell’insegnante. Anna ha preso le sue “cose” ed è andata via senza “opporre resistenza” lasciando un vuoto incolmabile. Ma perché a scuola? È la prassi, ci hanno risposto, per evitare scontri con la famiglia, i vicini, la strada, per non creare ulteriori traumi alla ragazzina.

La storia si è ripetuta un’altra volta, sempre con la stessa modalità e gli stessi sentimenti. Ma la terza volta abbiamo detto no! Bisogna cambiare la modalità di allontanamento, non si può coinvolgere l’istituzione scolastica. Il bambino/ragazzo che varca il portone della scuola, della sua aula si affida totalmente ad una struttura che per sua finalità ha il dovere di proteggerlo: dai pericoli derivanti da cattivi comportamenti dentro l’edificio (penso alle diverse forme di bullismo, di violenza fra compagni), ma anche dai pericoli provenienti dall’esterno (il padre aggressivo, l’estraneo che staziona davanti al cancello con intenzioni poco chiare). Si chiama “vigilanza” e ad essa siamo tutti chiamati, dal Dirigente al collaboratore scolastico.

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E allora, può un decreto emesso da una autorità esterna, il tribunale, far venir meno questo principio deontologico? Qual è il messaggio che passa fra gli alunni e che attraverso loro coinvolge le famiglie? E ancora, un minore non ha diritto alla privacy? Il suo trauma può essere vissuto davanti a tutti, compagni e adulti? È giusto esporre la scuola ad eventuali ritorsioni da parte di gruppi che la identificano come “quella che toglie i figli alle madri”? E se la scuola, la classe stanno lavorando bene promuovendo un clima di accoglienza e una didattica cooperativa, lo strappo, in quanto si viene meno proprio a quei principi fondanti del Piano dell’Offerta Formativa, diventa assolutamente non ricucibile?

Dialogando con la Procura e il Tribunale dei minorenni abbiamo verificato che non sono state date mai indicazioni sulle modalità d’intervento a scuola. La scelta è sempre stata presa da chi doveva eseguire il mandato. Scelta di comodo (evitare le aggressioni)? Scelta efficace (rintracciare il minore)? Scelta sicuramente non accettabile. E da un anno a questa parte gli organi “competenti” a Palermo stanno procedendo in modo più rispettoso dei diritti del minore e della scuola.

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21 Ottobre 2012, 09:46

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