12 Febbraio 2022, 14:43
3 min di lettura
Ci sarebbero quattromila metri quadrati di discarica in più rispetto all’area autorizzata nel 2009. C’è un’altra puntata nella questione della discarica Oikos di Motta Sant’Anastasia. E stavolta a scriverne il copione è il consulente tecnico d’ufficio nominato dal Tribunale amministrativo regionale di Catania, incaricato di rispondere a due domande: la particella catastale 131 è nei documenti originali di richiesta di Autorizzazione integrata ambientale (Aia) del 2009? E, successivamente, le aree di discarica identificate nei documenti dell’Aia del 2009 e in quelli del suo rinnovo del 2019 coincidono? Nel secondo caso la risposta dell’ingegnere Vincenzo Barrile, docente del dipartimento di Ingegneria ambientale dell’università di Reggio Calabria, è che ci sono “differenze di superficie” e “sconfinamenti”. Sul primo quesito, invece, cioè quello sulla particella 131, la risposta è molto meno netta.
Il giudice del Tar, adesso, ha gli elementi necessari per decidere sui ricorsi, riuniti, dei Comuni di Motta Sant’Anastasia e Misterbianco e delle associazioni Zero Waste e Legambiente Sicilia, da sempre affiancate dagli attivisti dei due comitati. Non a caso, tra i tecnici che hanno firmato le deduzioni alla perizia di Barrile c’è anche l’architetto Santo Gulisano, lo storico attivista mottese morto recentemente. L’udienza, forse decisiva, al tribunale amministrativo avrebbe dovuto tenersi a marzo, ma mancano i tempi tecnici per la produzione delle difese. “Per quanto ci riguarda – dice Anna Bonforte, del comitato No discarica di Misterbianco, durante una conferenza stampa convocata questa mattina – È di tutta evidenza la nullità dell’Aia del 2009 e, a cascata, del rinnovo del 2019. Noi andiamo avanti, abbiamo appena depositato le nostre consulenze tecniche di parte e non ci fermeremo mai. La Oikos non sperasse che staremo zitti e buoni“.
“Questa storia comincia nel 2016 – ricostruisce Danilo Festa, volto storico del movimento mottese – Comincia tutto con una passeggiata una domenica mattina di febbraio, quando Santo si accorse che c’era qualcosa di strano nella parte finale della discarica”. La punta più estrema di Valanghe d’inverno, quella della particella catastale 131. Che nei documenti ufficiali allegati all’Aia del 2009 non è indicata tra le particelle di discarica. “A maggio di quell’anno abbiamo cominciato a sovrapporre le planimetrie della discarica, a confrontarle con il piano regolatore e con le mappe catastali. Così ci siamo accorti che una parte di discarica era in un terreno che, al momento della presentazione della domanda di autorizzazione, non era nemmeno di Oikos”. Perché questo tema arrivi a una seduta della commissione consiliare di Motta sulla discarica bisogna aspettare novembre. Ma a quel punto partono le verifiche e la battaglia che gli attivisti conducono ancora oggi.
“La perizia dell’ingegnere Barrile – interviene Carmelo Schillagi, ingegnere e consulente tecnico di parte – fa un importante lavoro filologico. Quello che non è chiaro, però, è da dove vengano alcuni dei documenti che cita. I documenti inclusi nell’Aia non li contesta nessuno: è ciò che non è incluso, invece, che ci porta a essere qui”. Barrile, nella sua perizia, parla di “anomalie/criticità giuridiche e documentali”. Senza contare, prosegue Schillagi, “l’accertamento che fa la stessa Ctu: quattromila metri quadrati di discarica in più e una ulteriore recinzione che sfora per altri 4500 metri quadrati“. La palla, adesso, va al giudice amministrativo. Ma, ancora, il futuro di Valanghe d’inverno e delle comunità di Motta e Misterbianco appare appeso a una particella.
Pubblicato il
12 Febbraio 2022, 14:43