Antonino Zito, ucciso e bruciato| La trappola nel tocco di vino

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03 Settembre 2013, 06:30

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PALERMO – Il tocco di vino entra, con tutta la sua simbologia, in un’inchiesta giudiziaria. Per la precisione, quella sull’omicidio di Antonino Zito, fruttivendolo di 32 anni, freddato a Palermo, il 18 dicembre dell’anno scorso, con un colpo di pistola alla testa. Il corpo venne ritrovato distrutto dalle fiamme in contrada Spedalotto Valdina, a Santa Flavia.

Il Tribunale del Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione di Pietro Mazzara e Maurizio Pirrotta. Ed è in questa sede giudiziaria che il pubblico ministero Maurizio Musco ha depositato agli atti del procedimento una pubblicazione del Dipartimento di Filologia linguistica e letteratura dell’Università di Lecce. Un trattato dal titolo “Le parole delle cose, Simboli e riti sociali in Sicilia”.

Un capitolo è dedicato al cosiddetto Teatro del tocco. Un “gioco” tipico delle taverne siciliane che per Zito sarebbe diventato fatale. E non casualmente. Tradizione vuole che attorno alla bottiglia di vino si ritrovi un gruppo di amici. Uno di loro diventa il rivale. Viene preso di mira e spinto a partecipare perché ci sono conti da regolare. Il tocco diventa un Tribunale sommario. Uccidere qualcuno durante il tocco equivale a vendicare pubblicamente uno sgarro.

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Gli studi filologici dell’Università di Lecce sono stati utilizzati per fornire una possibile spiegazione su quanto sarebbe accaduto nel chiosco di bibite nel rione Bonagia dove Zito avrebbe trovato la morte. All’interno del casotto di legno fra le vie del Levriere e del Bassotto nulla sarebbe avvenuto per caso. Non una discussione degenerata a causa dell’alcol, ma un delitto premeditato per punire Zito. E così la vittima sarebbe stato invitata a partecipare al tocco perché tutti dovevano sapere che stava pagando con la vita per i suoi errori. Non un delitto d’impeto, dunque, ma un piano ?

I pubblici ministeri stanno valutando se contestare la premeditazione agli indagati. Il tocco presuppone due caratteristiche. Innanzitutto, che la punizione inflitta diventi di dominio pubblico. Un particolare che gli investigatori riscontrerebbero nel fatto che poche ore dopo il ritrovamento del cadavere nelle campagne di Santa Flavia, quando il corpo del marito era all’obitorio del Policlinico, Rosa Anaclio si avvicinò a Pietro Mazzara. “Ve lo siete venduti a mio marito”, urlava la donna. E dopo averlo schiaffeggiato gli chiedeva “perché non lo dici che sei stato tu l’ultimo a vedere mio marito”. I primi a sospettare un possibile tradimento dietro la morte di Antonino Zito sono stati i parenti della vittima.

Tanti, però, sono i misteri che ruotano attorno alla seconda caratteristica del tocco siciliano: lo sgarbo. Qual è stato il movente del delitto? Gli investigatori ritengono possa essere legato al controllo della piazza dello spaccio di droga. Il quartiere Bonagia, e in particolare i palazzoni del rione soprannominato Dallas, è da sempre un luogo di rifornimento per i tossicodipendenti di città e provincia. Un’attività fiorente e mai stroncata nonostante i continui blitz delle forze dell’ordine. Se di omicidio premeditato si è trattato, però, sembrerebbe difficile che Zito sia stato ucciso per questioni legate ai soli affari, seppure redditizi, di droga.

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03 Settembre 2013, 06:30

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