30 Gennaio 2017, 17:10
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PALERMO – “Uno str… come me è necessario fino a quando non lo capiranno, poi non sarà più necessario”. Amen. Leoluca Orlando ha battezzato la sua ennesima campagna elettorale per tenersi stretta la poltrona su cui si accomodò per la prima volta 32 anni fa. Il sindaco in un’affollata manifestazione in un teatro palermitano ha rivendicato il lavoro fatto nell’ultimo mandato, ha assicurato tutti che questa è l’ultima volta che si candida e ha chiesto il voto alla città, fuori da logiche di partito. Un’apertura di campagna elettorale con tanto déjà vu, qualche promessa, il consueto carisma del mattatore che domina la scena panormita dagli anni ’80. E poco altro. Ma d’altro canto, per come le cose si stanno mettendo a Palermo a questo giro, il Professore può persino star fermo lì dov’è. Altri lavorano alla sua riconferma. Anzi, tutti gli altri.
E sì, tra avversari su cui s’abbatte ogni sorta di sventura e partiti allo sbando e con un peso ormai evanescente, Leoluca Orlando potrebbe tutto sommato trascorrere la campagna elettorale a braccia conserte a Villa Niscemi affacciandosi a osservare le papere dello stagno senza scomodarsi più di tanto. Ci sono gli altri a garantire lo status quo.
I grillini, in primis, così disastrosi da far malignare qualcuno su una volontà ben precisa di non ostacolare Orlando. Maldicenze a parte, i 5 stelle hanno fatto di tutto per arrivare a pezzi a questo appuntamento. Lo scandalo delle firme false, la faida interna, la guerriglia tra fazioni. Fino ad arrivare alla candidatura di Ugo Forello. Che fin qui ha parlato scaldando i cuori con frasi a effetto come “servono energie nuove che abbiano la freschezza necessaria per amministrare Palermo senza i retaggi stantii della vecchia politica”. Quell’Ugo Forello che da subito ha detto di non essere l’anti-Orlando. Un po’ come se Grillo dicesse di non essere l’anti-Renzi. Con queste premesse sarà difficile battere l’uscente, anche se l’effettivo peso dei 5 Stelle in queste elezioni è un dato su cui oggi pochi hanno certezze.
E poi c’è Fabrizio Ferrandelli. Le sue recenti tribolazioni sono cosa nota. Il candidato ex deputato regionale ha avuto certo una buona dose di sfortuna per la tempistica delle rivelazioni del nuovo pentito che hanno fatto aprire un’indagine a suo carico per voto di scambio politico-mafioso. E malgrado il riserbo e il rigore granitici esercitati dai magistrati palermitani che lo indagano, con una cifra encomiabile, un po’ la sua candidatura ha accusato il colpo. Non potrebbe essere diversamente, d’altronde. La campagna civica e solitaria di Ferrandelli prosegue, raccoglie un certo seguito in città ma l’operazione di sfondamento a destra si è scontrata col diniego sull’uso del simbolo che ha allontanato Forza Italia. Se il mancato matrimonio penalizzerà o meno il giovane politico palermitano lo dirà solo il tempo. Di certo, la sua strada oggi appare in salita.
E qui siamo agli altri protagonisti della disfida, ossia i partiti. Che sono arrivati all’appuntamento della campagna elettorale tutti con colpevole ritardo e con poche idee ma confuse. Il centrodestra, archiviata l’ipotesi Francesco Greco, resta appeso. Un pezzo – quello vicino a Saverio Romano e agli ex cuffariani non si è ancora rassegnato ad abbandonare l’idea di un sostegno a Fabrizio Ferrandelli. Un altro, Forza Italia, a difesa della visibilità del simbolo, si trova adesso nella scomoda posizione di inventarsi qualcosa. Pene che attraversano anche il centrosinistra e il Pd. Che sembra costretto a ingoiare rospi su rospi per accodarsi a Orlando e non restare col cerino in mano e avviarsi a una batosta elettorale con una candidatura improvvisata.
Un quadro generale così malmesso che permette al sindaco di affrontare quest’ennesima partita elettorale con grande sicurezza, come si è visto ieri al Golden. Dove Orlando – sempre uguale a se stesso – s’è potuto togliere lo sfizio di raccontare la storia dell’erede politico da cercare a questo giro, lui che per trent’anni non ha mai lasciato nemmeno le briciole della scena a chicchessia. Lui che non ha mai avuto delfini, e non s’è dovuto nemmeno prendere la briga di spiaggiarli come Berlusconi. Lui che trent’anni fa attaccava i politici a vita e oggi a settant’anni chiede alla città alla quale come nessun altro sa parlare di votarlo ancora una volta. Può fare questo e altro, Orlando. Tanto, ci sono gli altri.
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30 Gennaio 2017, 17:10