‘Padre nostro’, i soldi non ci sono | Decreto ingiuntivo alla Regione

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20 Febbraio 2019, 06:15

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PALERMO – La Regione Siciliana è in debito col centro ‘Padre nostro’, fondato da padre Pino Puglisi, e ora un decreto ingiuntivo del Tribunale di Palermo la obbliga a pagare. La somma non è indifferente: oltre 250 mila euro da pagare entro 40 giorni dalla notifica dell’ingiunzione, che risale alla fine di gennaio scorso, più le spese legali. La somma è l’acconto del contributo regionale a cui il centro ‘Padre nostro’ è risultato idoneo dopo aver partecipato a uno dei bandi pubblici per associazioni che con una legge regionale hanno sostituito la tabella H.

Dopo aver presentato istanza e documentazione ai rispettivi dipartimenti competenti degli assessorati regionali, i progetti delle associazioni ricevono un punteggio basato su vari criteri e poi vengono inseriti in una graduatoria. La graduatoria 2018 del dipartimento della Famiglia e delle politiche sociali (assessorato alla Famiglia) aveva determinato che il progetto del centro ‘Padre nostro’ dovesse beneficiare di oltre 417 mila euro di cui il 60% nell’immediato. Soldi che il centro, fondato da don Puglisi a Brancaccio nel 1991, non ha mai visto. E i ritardi accumulati hanno portato a diverse azioni legali: “Abbiamo sempre cercato di capire prima i motivi – sostiene il presidente Maurizio Artale – però la Regione ci lascia perdere e ci costringe ad azioni giudiziarie che di fatto vinciamo. Adesso visti i risvolti non sappiamo nemmeno quanto riceveremo in totale, eppure noi di spese ne abbiamo già fatte eccome”.

Nonostante la querelle del bando e l’assenza del contributo, il centro ha già avviato il progetto presentato al dipartimento della Famiglia: 19 attività tra assistenza ad anziani, bambini e detenuti, servizi di banco alimentare e farmaceutico, sportelli di assistenza legale e altro. Tutte iniziative avviate nell’incertezza economica, con la notizia di aver vinto il bando “arrivata solo alla fine dell’anno, il 30 dicembre 2018, invece che in tempi utili per le spese – precisa Artale –. Quando blocchi i soldi a me per questo elenco infinito di attività – commenta – stai bloccando un indotto, fatto soprattutto di giovani, che aspettano gli stipendi a fatica ma non vanno via perché hanno sposato la causa di don Pino Puglisi”.

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La vicenda aveva attirato l’attenzione dei deputati regionali del Movimento 5 stelle, che in un’interrogazione parlamentare presentata a novembre 2018 avevano allargato il cerchio sollevando dei dubbi generali: al presidente della Regione e all’assessore alla Famiglia, la prima firmataria Roberta Schillaci e altri deputati del M5S chiedevano di motivare numerosi aspetti del bando, tra cui la poca chiarezza sulle date degli esiti e sui termini di utilizzo dei fondi, così come il riscontro di imprecisioni e vizi tali da non consentire “la salvaguardia dei princìpi di imparzialità, buon andamento e la par condicio degli enti richiedenti”. In chiusura, l’interrogazione fa riferimento anche a una certa insistenza della Regione nel perseguire “numerosi contenziosi giudiziari, con ingenti danni erariali dovuti alle pronunce di condanna alle spese della Regione Siciliana, risultata sempre soccombente”. Nel caso del centro Padre nostro, Maurizio Artale aggiunge di non aver “mai perso nemmeno un ricorso, anzi: alcune nostre azioni legali hanno portato anche ad annullare decreti assessoriali”.

“Sembra assurdo ma tutto ciò ha ancora a che fare con il bando 2018, e prima di parlare del bando 2019 qualcuno mi dovrebbe fornire spiegazioni”, è l’appello di Artale. “Qualcuno mi dovrebbe anche rassicurare che i costi delle spese legali e degli interessi li pagherà chi non ha dato in tempo l’acconto, e che tali costi non vadano ad aumentare la voragine del debito fuori bilancio regionale, che poi viene pagato da tutti i siciliani. Su una cosa invece – conclude – voglio essere io a rassicurare tutti: che sino a quando avremo la legge dello Stato dalla nostra parte, il centro non mollerà per stanchezza. Lo dobbiamo alle nostre coscienze e al nostro fondatore, che per questo Stato 25 anni fa si è fatto ammazzare”.

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20 Febbraio 2019, 06:15

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