Palamara, inchieste e correnti | Un cittadino sarebbe agli arresti

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11 Luglio 2019, 08:09

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La vicenda del Pubblico Ministero di Roma, Luca Palamara, ha scoperchiato una pentola che rivela scenari tanto gravi quanto inaccettabili, non solo per il sistema giudiziario italiano, ma – considerato il coinvolgimento del Procuratore Generale della Corte di Cassazione – per la credibilità in Italia ed all’estero di tutto il potere giudiziario. Scenari fatti di accordi tra politici e magistrati, di incontri “carbonari” notturni, di favori agli amici ed agli amici degli amici, di compromessi, di uso politico della giustizia attraverso persecuzioni giudiziarie al solo fine di crearsi il consenso.

Luca Palamara non è un magistrato qualsiasi, non è uno dei tanti, è uno che ha avuto ruoli apicali nella “gerarchia” della magistratura. È stato presidente osannato dell’Associazione Nazionale Magistrati, la potente associazione che sempre interviene sui dibattiti sulla giustizia, riuscendo anche a condizionare il legislatore. È stato un influente componente del Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno dei magistrati, presieduto dal Presidente della Repubblica. Era, fino a prima che scoppiasse lo scandalo, uno tra i più “potenti” pubblici ministeri della Procura della Repubblica di Roma, quella guidata fino a qualche settimana fa dal dott. Pignatone, per la cui successione si è dato corso alle scorribande tra le correnti di magistrati che è venuto fuori.

Dalle intercettazioni e dalle perquisizioni effettuate da chi indaga su Palamara è emerso un quadro sconvolgente, illecito, pauroso, degno di una mente senza scrupoli, evidentemente abituata ad “usare” la giustizia ed il potere giudiziario per raggiungere propri fini.

Il quotidiano la Repubblica, qualche giorno fa, ha pubblicato gli appunti dei processi che sarebbero stati “aggiustati” o comunque manomessi da Palamara con il concorso di altri magistrati, i cui nomi non sono stati resi noti. Di questi appunti risulta che Palamara rivolgeva richieste ai suoi colleghi di decidere un processo in un dato modo (“…. questa è fondamentale che la rigetti”), di condizionare il corso dei processi (“… ritardare il più possibile l’assegnazione del fascicolo alla Corte di Appello di Roma”), di allungare i processi per fare scattare la prescrizione. Ed in questo quadro miserevole è caduto pure il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Riccardo Fuzio, intercettato mentre avvisava Palamara che lo stavano indagando.

Certo non è facile per un avvocato, in tale contesto, rispondere alla domanda che ci rivolgono i nostri assistiti, sul motivo perché Palamara e Fuzio non siano stati arrestati, come sarebbe accaduto a qualsiasi persona si fosse trovata nelle medesime condizioni. La risposta, purtroppo – e sottolineo purtroppo – non può che essere perché sono magistrati. E non è la prima volta che si è costretti dare questa risposta alla stessa domanda. È superfluo ricordare esempi di magistrati palermitani o siciliani accusati di reati gravissimi, che hanno affrontato a piede libero il processo.

Fuzio, dal canto suo, ha risolto ogni problema chiedendo il pensionamento anticipato, a partire dal prossimo novembre. Nel commiato rivoltogli è stato elogiato per il “… senso di responsabilità istituzionale”, per il “…. brillante percorso professionale”, per “il rigore” con cui ha esercitato il proprio ruolo. Di indagarlo per il reato di violazione di segreto d’ufficio però non se ne parla.

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Nonostante tutto e nonostante questi personaggi, io continuo ad avere fiducia nella magistratura ed a considerarla un pilastro portante della democrazia nel nostro Paese. E continuo ad aver fiducia non solo in nome dei grandi magistrati che eroicamente hanno sacrificato la vita nella lotta alla criminalità, alla corruzione, al malaffare senza tirarsi indietro dinnanzi alle minacce, alcune talvolta purtroppo tradottesi in risultati concreti. Continuo ad avere fiducia nella magistratura perché da avvocato conosco centinaia di magistrati che svolgono il loro ruolo con impegno, abnegazione, solerzia, spirito di sacrificio, onestà, che si considerano non padroni intoccabili del potere giudiziario ma uomini al servizio dello Stato, della Costituzione, delle leggi e del Popolo, in nome del quale pronunciano le sentenze.

Ciò che non si può continuare a sentire, a considerare, ad ammettere e di cui la magistratura italiana deve liberarsi, magari sotto la spinta dei tanti magistrati silenziosi che ogni giorno amministrano giustizia senza clamore, senza riflettori, senza interviste in televisione, sono le correnti all’interno della magistratura, in nome delle quali viene sistematicamente operata una spartizione delle cariche più importanti e dei ruoli direttivi.

Il Consiglio Superiore della Magistratura deve prevedere un criterio di selezione dei suoi componenti al di fuori dalla appartenenza alle correnti, che come già ben si sapeva inquinano l’integrità morale del massimo organo di autogoverno della magistratura stessa.

L’elezione dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura non può ancora passare attraverso liste simili a quelle dei partiti politici, espressione dei magistrati di sinistra, di centro o di destra

Sembra il caso di ricordare che il giudice deve apparire imparziale oltre ad esserlo, per concedere a chi è sottoposto al suo giudizio la serenità di essere giudicato per i fatti e non per le idee.

La magistratura sarà veramente libera ed indipendente quando il CSM sarà eletto tra magistrati liberamente scelti dai loro colleghi al di fuori dalle correnti e quando i posti di potere e gli incarichi direttivi saranno assegnati dal Consiglio Superiore della Magistratura esclusivamente per meriti professionali e non per spartizione tra le varie componenti.

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11 Luglio 2019, 08:09

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