Palermo: il boss, il medico, l'ingegnere e l'affare "troppo grosso"

Il boss, lo pneumologo, l’ingegnere: i “favori” e l’affare “troppo grosso”

Franco Bonura e Girolamo Buscemi, due dei 19 arrestati
Gli intrecci tra passato e presente di Franco Bonura

PALERMO – Ottobre 2023, il boss di Uditore Franco Bonura è in macchina con il suo autista e factotum Michele Spataro. Destinazione: lo studio di uno pneumologo. Non devono parlare di vicende sanitarie. Non si vedevano da 18 anni e Bonura si chiedeva che faccia avrebbe fatto il professionista. Per non dare nell’occhio si era portato dietro una carpetta con dei documenti sanitari: “Mi porto la cartella perché combinazione…” qualcuno potesse chiedergli conto e ragione di quella visita.

Nessun consulto medico. L’anziano boss arrestato di recente dalla squadra mobile, come riassumono gli investigatori, “aveva qualcosa da recriminare”. Cosa in particolare? Resta uno dei tanti misteri dell’inchiesta della Procura di Palermo dove passato e presente mafiosi si intrecciano.

Di sicuro Bonura faceva riferimento a ripetuti favori ricevuti dal medico. Usava un’espressione dialettale per quantificarli: “Quantu a rina o mare (quanto la sabbia del mare, ndr)”. Solo che ad un certo punto lo pneumologo, come altri, erano “scappati” probabilmente approfittando dell’arresto di Bonura rimasto in carcere 20 anni. Finita di scontare la pena, nel 2020, il mafioso decise che era tempo di bussare alla porta del dottore.

Era una questione aperta che il tempo non aveva seppellito. Andava risolta e in fretta, nonostante Bonura avesse tanti altri impegni. Lavori edili soprattutto. Ancora una volta Bonura ripartiva dal passato, dalle relazioni che per colpa del carcere si erano bruscamente interrotte. Ad esempio quella con un ingegnere.

Bonura inviò il costruttore Eugenio Avellino, arrestato nello stesso blitz con l’accusa di essere diventato il braccio operativo del boss negli affari (si incontravano in chiesa e al cimitero), nello studio dell’ingegnere che non si era mostrato ben disposto.

Probabilmente per via di alcune vicende giudiziarie che lo avevano visto coinvolto in passato non voleva sovraesporsi. Giusto per non mostrarsi scortese il professionista aveva parlato ad Avellino di alcuni villini. Quando però l’emissario di Bonura gli mostrò i documenti di una cosa “troppo grossa” l’ingegnere cambiò atteggiamento. Un affare a sei zeri su cui ancora indaga la Direzione distrettuale antimafia.


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