Cronaca

Palermo, dentro la casa confiscata al boss: l’ultimo sfregio allo Stato

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16 Settembre 2024, 18:08

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PALERMO – Vigili urbani, poliziotti e carabinieri si danno il cambio. Il presidio davanti al civico 30 di via Decollati è h24. Nel frattempo l’assessore comunale Fabrizio Ferrandelli discute con l’operaio che deve montare gli infissi.

Qualcuno la settimana scorsa li ha smontati dalla casa al primo piano della palazzina un tempo di proprietà del mafioso di Santa Maria di Gesù Leonardo Algeri. Non solo gli infissi, si sono portati senza badare troppo per il sottile le porte, il box doccia e i lavabi della cucina.

È stato l’ultimo sfregio, l’ultimo gesto di sfida allo Stato. Hanno persino lanciato un pacco incendiario nel balcone. Volevano dare fuoco alla casa. Come dire: o noi o nessun altro abiterà questa casa.

L’immobile è stato confiscato. Per ultimo vi ha vissuto la figlia di Algeri, incinta e con un figlio piccolo. Doveva essere vuota. Almeno così credeva il Comune di Palermo quando l’ha ricevuta dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati.

Le regole sono regole e vanno rispettate. I familiari del mafioso devono andare via. Anche don Ugo Di Marzo, sacerdote dello Sperone, ha cercato la strada della mediazione. Tre famiglie hanno rinunciato all’immobile. Meglio continuare a rimanere senza un tetto, ospiti in albergo, piuttosto che vivere nel terrore. Perché è il terrore che attraversa la strada che collega via Oreto al Ponte Ammiraglio, di fronte alla missione che porta il nome di Biagio Conte.

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Due piani da settanta metri quadri ciascuno. Il primo è rifinito con stucchi rococò dorati alle pareti. Il secondo piano è abusivo e ancora da definire. C’è un’ampia terrazza, confinante con le case abitate dai parenti dai vecchi proprietari dell’immobile. Da una parte si vede la caserma dei carabinieri in via Oreto, dall’altra i vicoli di una città costruita con cemento e degrado.

La quarta famiglia assegnataria ci ha pensato un po’. Poi la decisione di fare valere il proprio diritto di abitarla. Non ci rinunciano. Da otto anni vivono in un magazzino. Marito, moglie e quattro figli.

“La casa avrà presto le condizione di sicurezza, comprese delle telecamera di sicurezza all’esterno collegate con la control room dei vigili urbani. Lo Stato sta dimostrando la propria forza. Il clima appare almeno in superficie sereno. Per tutte le economie illegali è stata una battuta di arresto”, spiega Ferrandelli.

Ed ecco il paradosso di una città. In via Decollati c’è la statua di una Madonna all’imbocco una stradina ancora più piccola. Un budello pieno case basse e magazzini. Si intravedono stalle, officine, depositi. C’è un mondo che malvolentieri si mostra agli occhi estranei. L’attenzione mediatica, il presidio delle forze dell’ordine ha finito per infastidire.

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16 Settembre 2024, 18:08

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