Cronaca

Gaetano Savoca, i pentiti e gli incontri dello “zio che divenne boss”

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19 Novembre 2024, 17:26

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PALERMO – Cinquantasette anni, tre condanne per mafia alle spalle e l’accusa di essere il nuovo boss. Il nome di Gaetano Savoca, arrestato con l’accusa di essere diventato il capo mandamento di Brancaccio, faceva parte dell’elenco delle persone coinvolte nei blitz Goldenmarket, Ghiaccio e Old Bridge sfociati in altrettante sentenze di condanna nel 1998, 2006 e 2010.

Gaetano Savoca, “il nuovo boss”

La sua sarebbe stata una scalata criminale, forte delle parentele (è figlio del boss Pino Savoca, cognato dell’ergastolano Andrea Adamo e dell’uomo d’onore Benedetto Lo Verde), ma anche per i “meriti” conquistati sul campo. Dopo avere scontato le vecchie condanne per un periodo ha vissuto a Cesenatico da sorvegliato speciale. Poi, nel 2018, il rientro a Palermo.

I pentiti

Il pentimento di Francesco Colletti e Filippo Bisconti, capimafia di Villabate e Belmonte Mezzagno, ha aggiornato il ruolo di Savoca. Bisconti sapeva che “Pino Ficarra non poteva gestire il mandamento perché non aveva le qualità per farlo, ma lo gestiva con le direttive del cugino Gaetano Savoca”.

In particolare Bisconti ha riferito che Ficarra “aveva fatto un accordo con tutti i mandamenti per rifornire tutte le zone di calcestruzzo” ma in cambio “doveva elargire tre euro al metro cubo”. Bisconti ha anche raccontato di avere incontrato Savoca.

Colletti invece non lo avrebbe conosciuto personalmente ma si sarebbe imbattuto indirettamente in lui quando Girolamo Celesia, altro volto noto della mafia di Brancaccio, andò a chiedere il pizzo ad un negoziante di mobili.

Che Savoca ricoprirebbe un ruolo di vertice, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo, emergerebbe dalla sua decisione di “sospendere” Gaspare Sanseverino dall’incarico di esattore del pizzo. “Ti devi fermare”, gli avrebbe detto Celesia come raccontava lo stesso Sanseverino ad un amico, Sergio Giacalone.

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Lo “zio Gaetano”

Giacalone suggeriva a Sanseverino di parlarne con “lo zio”, del quale svelata il nome “si chiama Gaetano lo sai no?”. Poi una serie di riferimenti ad altre persone, fra cui Andrea (Andrea Adamo ndr) che consentirebbero di identificare “Gaetano” in Gaetano Savoca.

Agli atti dell’inchiesta ci sono una serie di pedinamenti eseguiti dagli agenti della squadra mobile. “Sto andando dal dentista”, diceva Giuseppe Arduinio alla moglie. In realtà era un modo per dire che stava per allontanarsi per un incontro riservato.

Gli incontri

Piazza Strauss, via Filippo Di Giovanni, cortile Vaccaro, Via Gran Bretagna, via Svizzera sono solo alcuni degli indirizzi dove si sono svolti degli incontri fra Gaetano Savoca, Giuseppe Arduino, già condannato per mafia e tornato in carcere lo scorso marzo, Giancarlo Romano (assassinato l’anno scorso allo Sperone), Tommaso Militello (pure lui nel frattempo arrestato).

A volte Savoca e Arduino sono stati immortalati mentre si scambiavano dei pacchetti. Altre volte sono stati intercettati mentre parlavano di cose da vendere, percentuali da sparirsi e gente che doveva andare via. Parlavano all’aria aperta, passeggiando nei giardini pubblici per non farsi intercettare.

In ballo c’erano piccole e grandi questioni. Come quando una donna riteneva di avere subito un torto dall’ex marito e si rivolse a Margherita Riccobono, la moglie del boss di Tommaso Natale, Michele Micalizzi, che avrebbe coinvolto Gaetano Savoca.

Oppure la questione per il mancato pagamento dei soldi che spettavano alla famiglia del detenuto Amedeo Florulli. Tutto sarebbe dipeso da Savoca, arrestato per la quarta volta.

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19 Novembre 2024, 17:26

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