05 Dicembre 2024, 06:15
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Totò Lentini, chiamato Salvatore da chi non la conosce, è un politico siciliano trasparente, in senso tecnico. Non ha mai fatto finta di essere diverso da quello che è: uno dei tanti abitanti di un luogo simbolico e reale – la politica, appunto – in cui valgono, soprattutto, argomenti concreti.
Sì, le idealità coabitano con le necessità. Sì, la poetica del grande schema. Ma poi, nel momento decisivo, conta il risultato, conta il gol.
Totò Lentini – in fondo, nessuno lo chiamerebbe Salvatore – rinunciò alla corsa per la sindacatura, non ostacolando Roberto Lagalla. Aveva maturato un credito in quel mondo. Ecco perché i soliti maliziosi adesso pensano che la nomina a presidente di Palermo Energia rappresenti una forma di incasso. Forse, il premio di consolazione.
Noi non siamo così maliziosi. Tuttavia, in ipotesi, pensiamo che l’approdo – vero, verosimile, non vero – sarebbe logico nel punto in cui si innestano contesto e personaggi.
Di Totò Lentini si era già parlato come assessore alla Mobilità e in diversi ambiti, in quel meccanismo risarcitorio. Lui di se stesso aveva detto, mentre la pugna per le comunali infuriava: “Sono un uomo di passione, lo riconosco. Sono un figlio del popolo e lo sono sempre stato. Per me la periferia non è un’astrazione. La conosco, so come è fatta”.
E poi ancora: “A me interessa solo la sfida di Totò Lentini, la mia. La sfida di chi mi incontra per strada e mi grida: ‘Vai Totò, non ti fermare! Le malelingue dicono che sono un trasversalista. Io sono un centrista, un moderato”. Infine, la sentenza: “Io non cambio casacca, sono sempre me stesso. I partiti alle volte sì”.
Dalla periferia al centro. Una strada tortuosa, non agevole e con il rado conforto di un autobus. I discorsi sono tanti e non per forza insinceri, lo ripetiamo perché ne siamo convinti. Ma la verità suprema della politica e dei mezzi di trasporto è un’altra. Conta sempre il posto a sedere.
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05 Dicembre 2024, 06:15