17 Febbraio 2023, 13:41
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PALERMO – Bruno Contrada deve essere risarcito per l’ingiusta detenzione. A renderlo noto è l’avvocato Stefano Giordano.
“La prima sezione della Corte di appello, ribaltando la precedente decisione in precedenza assunta dalla Corte d’appello sezione terza di Palermo – spiega il legale – pronunciandosi a seguito di rinvio della Cassazione, ha accolto la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, riducendo però l’entità dell’indennizzo a 285.342 euro”.
A Contrada, un tempo capo della quadra mobile di Palermo e numero tre del Sisde, inizialmente erano stati liquidati 667 mila euro. La Cassazione però annullò con rinvio il verdetto e nel secondo giudizio di appello era stato negato il risarcimento all’ex poliziotto.
Il giudizio si basava su un’altra decisione dei supremi giudici che nel 2017 – in ottemperanza di quanto statuito dalla Corte europea due anni prima nel 2015 – dichiararono “ineseguibile e improduttiva di effetti” la sentenza della Corte d’Appello di Palermo che condannò Contrada a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Contrada, per anni poliziotto in prima linea contro la mafia a Palermo, venne arrestato con l’accusa di concorso in associazione mafiosa il 24 dicembre del 1992. In primo grado fu condannato a 10 anni, ma la sentenza fu ribaltata in appello e il funzionario venne assolto.
L’ennesimo colpo di scena ci fu in Cassazione, quando l’assoluzione fu annullata con rinvio e il processo tornò alla corte d’appello di Palermo che, il 25 febbraio del 2006, confermò la condanna a 10 anni. La sentenza divenne definitiva nel 2007. Bruno Contrada, che aveva subito una lunga custodia cautelare in carcere, tornò in cella.
Il funzionario, tra il carcere e i domiciliari per motivi di salute, ha scontato tutta la pena. Nel 2015, però, i giudici europei condannarono l’Italia a risarcire il poliziotto, nel frattempo sospeso anche dalla pensione, ritenendo che Contrada non dovesse essere né processato né condannato perché all’epoca dei fatti a lui contestati (1979-1988) il reato di concorso in associazione mafiosa, non “era sufficientemente chiaro”.
I giudici di Strasburgo diedero ragione all’avvocato Giordano, affermando che i Tribunali nazionali, nel condannarlo, non hanno rispettato i principi di “non retroattività e di prevedibilità della legge penale”.
Il legale ha parlato di “persecuzione giudiziaria” nei confronti del suo assistito. La decisione non è definitiva, la Procura generale potrebbe proporre ricorso per Cassazione.
Il punto è stato il reato contestato. I giudici di appello oggi scrivono che non si configurava il concorso esterno, ma eventualmente si poteva profilare il favoreggiamento alla mafia.
Il collegio presieduto da Adriana Piras nella motivazione del risarcimento spiega che Bruno Contrada “ha oggettivamente contribuito a rafforzare Cosa nostra, ponendo in grave pericolo l’ordine pubblico ed arrecando un grave danno alla credibilità stessa dello Stato, per la cui difesa altri fedeli servitori, divenuti scomodi ostacoli da eliminare, hanno perso la vita”.
Ed ancora: “… tale forma di collusione realizzata dall’imputato” è “sussumibile nella fattispecie dell’articolo 378 del codice penale”. Appunto il favoreggiamento. Reato ampiamente prescritto quando Contrada fu condannato. Dunque non doveva essere arrestato. Da qui l’ingiusta detenzione.
“Chiaramente non siamo soddisfatti per la ricostruzione dei fatti e per errori giudici che la Corte d’Appello ha commesso – prosegue l’avvocato Giordano –, la Corte ha deciso di riparare l’ingiusta detenzione relativa all’esecuzione della pena ma non riferita alla custodia cautelare, perché dicono che si poteva profilare il favoreggiamento, disattendendo il rilievo che il reato si sarebbe prescritto, perché era un favoreggiamento semplice”.
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17 Febbraio 2023, 13:41