Palermo, raffica di condanne per la banda delle auto rubate

Palermo, “la banda che riciclava auto rubate”: 12 condanne

Sotto processo anche un funzionario della Motorizzazione

PALERMO – Bravi furono gli agenti della squadra mobile a scovare un’impronta digitale che diede il via all’inchiesta sfociata oggi in una raffica di condanne.

Sono dodici gli imputati ritenuti colpevoli dal giudice per l’udienza preliminare Maria Cristina Sala. Sarebbero responsabili di un vasto giro il riciclaggio di auto rubate, alle quali veniva cambiato il numero di telaio con nuove punzonature. Usavano i numeri di auto incidentate e inutilizzabili. La base operativa sarebbe stato un magazzino allo Sperone.

Una volta “ripulite” le macchine sarebbero state rivendute. In altri casi dopo inesistenti collaudi veniva cambiata la destinazione d’uso da “autocarro” ad “autovettura”, attraverso la complicità di un infedele impiegato della Motorizzazione civile di Palermo.

Si tratta di Luigi Costa, condannato a quattro anni. Non sono i primi guai giudiziari visto che nel febbraio 2023 Costa è stato arrestato e poi condannato a 11 anni e 2 mesi. Gli investigatori trovarono 590 mila euro in contanti nascosti dietro l’armadio della sua abitazione.

C’era poi il capitolo delle estorsioni ai danni di proprietari di auto rubate, restituite dopo essere riusciti a riscuotere una somma di denaro. Il classico sistema del “cavallo di ritorno”: per riavere la propria auto si pagavano fino a 2500 euro.

Le indagini erano partite a giugno del 2022, quando fu rubata una Fiat Panda poi rinvenuta dal proprietario qualche giorno dopo. C’era l’impronta del pregiudicato Mauro Macaluso. Da qui il via alle indagini.

Queste le altre pene: Mauro Macaluso, 8 anni e 2 mesi: Mirko Lo Iacono, 7 anni e 4 mesi; Maurizio Sammarco, 7 anni; Roberto Presti, 6 anni e 10 mesi; Giuseppe Bambina, 6 anni e 8 mesi; Salvatore D’Arpa, 6 anni e 8 mesi; Roberto Piazza, 5 anni 11 mesi e 10 giorni; Francesco Mandalà, 4 anni 9 mesi e 10 giorni; Emanuele Macaluso, 4 anni 5 mesi e 5 giorni; Marcello Sirchia, 4 anni un mese e 10 giorni; Samuele La Rosa, 3 anni e 6 mesi.

Per Sirchia, difeso dall’avvocato Carmelo Ferrara, la Procura aveva chiesto 8 anni ma è caduta l’accusa di essere capo e promotore della banda.


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