Cronaca

I carabinieri scovano la piantagione, l’uomo della droga in fuga

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20 Giugno 2022, 17:35

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PALERMO – La Guadagna si conferma una delle principali piazze palermitane di spaccio. A gestirla sono gli uomini di Cosa Nostra che fanno cassa con la droga, una parte della quale era coltivata in una piantagione in provincia di Caltanissetta.

L’ultima inchiesta della Dda di Palermo avrebbe fotografato il passaggio di consegne fra Francesco Pedalino e Salvatore Profeta, zio e nipote.

Un passaggio forzato dopo l’arresto di Francesco Pedalino, tra i condannati in appello per l’omicidio di Mirko Sciacchitano. In realtà quest’ultimo anche dal carcere avrebbe continuato a sovrintendere ai traffici illeciti fino a quando il nipote non avrebbe deciso di affrancarsi dallo zio per passare sotto l’ala protettiva di Massimo Mancino. Dietro c’erano forti dissidi familiari.

Alle “dipendenze” di Profeta avrebbe lavorato un gruppo di minorenni. Ai ragazzini sarebbe spettato il compito di vedetta. Dovevano segnalare l’eventuale presenza delle forze dell’ordine nella zona della “casuzza”, e cioè il deposito della droga in vicolo Buonafede.

Una parte della droga arrivava da una piantagione di marijuana a Riesi, in provincia di Caltanissetta. È qui che il 4 ottobre 2019 arrivarono i carabinieri. Vi erano state coltivate oltre 3.500 piante di canapa indiana. Qualche ora dopo in caserma, a Campobello di Licata, in provincia di Agrigento, si presentò Salvatore Gioacchino Monachello. Si addossò ogni responsabilità.

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I militari del Ros tenevano già sotto osservazione Profeta. Attraverso le celle telefoniche ne monitorarono la partenza, il 28 settembre di quell’anno, in direzione Riesi, e il repentino rientro a Palermo il giorno del sequestro. A tradirlo anche due scontrini. Alla compagna, infatti, Profeta confidò di avere pranzato con del pane e cenato con mangiando una pizza. Dentro un furgone i militari trovarono gli scontrini degli acquisti.

La sua fuga da Riesi emergerebbe da alcune conversazioni. Contattò la madre per dirle di riferire a Massimo, identificato in Massimo Mancino, che “non ci sono più là… sono da un’altra parte… poi quando è qua glielo dico…”.

Quindi parlò con il padre: “Gli devi dire che ci vengono a prendere ora… forse non hai capito che sono rimasto a piedi con la macchina… e sono buttato su un pizzo di montagna… qua senza mangiare, senza bere e senza niente…”.

“Siamo per strada non chiamare più”, gli disse qualche minuto dopo Mancino. Era lui l’uomo che doveva recuperare Profeta nascosto a Riesi.

Alle 20:37 Profeta indicò la sua posizione: “… qua davanti alla cava… quella di calcestruzzo”. Secondo gli investigatori, Profeta aspettava che andassero a prenderlo sulla strada provinciale 7: “Mi vedi ora? Ma che sei nella traversa?”. Missione compiuta.

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20 Giugno 2022, 17:35

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