11 Luglio 2023, 05:38
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PALERMO – “Mario… ti posso dare cinquecento euro… ti avevo promesso mille euro…”, diceva Salvatore D’Ambrogio a Mario Napoli e Sergio Giannusa, due dei diciotto arrestati nel blitz di ieri della squadra mobile. L’intercettazione viene inquadrata dagli investigatori alla voce “racket delle pompe funebri”.
I boss di Resuttana pretenderebbero il pizzo dagli impresari che si “accaparrano” il funerale dei pazienti in caso di decesso all’ospedale Villa Sofia. Gennusa faceva i conti: “Mario questi sono quelli di Totino, tremila e trecento euro, cinquecento ce li ha dati e gli dobbiamo mettere la data: 30/12/2021”. C’era, dunque, un libro mastro con le cifre annotate. Vi finì annotato anche D’Ambrogio, pregiudicato per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Ci furono degli screzi con un altro impresario funebre: “Gli dici che se ne vanno, se ne devono andare tutti”, diceva Giannuso. Ad un altro ancora veniva imposto il pizzo su ogni cassa da morto venduta: “Vedi che questo mese non ne pago, cumpà… voglio vedere se qualcun altro ha uscito un euro”, aggiungeva il titolare di un’agenzia di pompe funebri.
Storia vecchia, ma sempre attuale. Qualche mese fa si è scoperto che era stato creato un reticolo di onlus per mettere le mani sul trasporto dei malati e sui servizi funebri all’interno di altri due ospedali pubblici (Civico e Policlinico) e nelle cliniche private di Palermo. Per qualcuno la morte è un affare. Come avvoltoi si piazzano nei reparti degli ospedali dove morire è un rischio concreto. A descriverlo fu Filippo Bisconti, pentito di mafia ed capo del mandamento di Belmonte Mezzagno. Parlò di una turnazione fra impresari funebri. Oggi tocca a uno, domani a un altro.
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11 Luglio 2023, 05:38