26 Settembre 2023, 19:13
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PALERMO – Uno è un latitante storico, l’altro lo è diventato da poco. Giovanni Motisi avrebbe il peso per guidare la nuova mafia (ma è silente da decenni). Giuseppe Auteri non possiede la caratura criminale necessaria, seppure si sia fatto largo nel mandamento di Porta Nuova. Su entrambi – con tutte le dovute differenze – si sono concentrate le indagini dei cacciatori di latitanti dopo l’arresto e la morte di Matteo Messina Denaro.
I loro nomi si sono incrociati. Una suggestione nulla di più. Motisi, capomafia di Pagliarelli, è in fuga dal 1998, mentre Auteri dal 6 luglio 2022. Il soldato di Porta Nuova e collaboratore di giustizia, Alessio Puccio, sul conto di Auteri, soprannominato vassoio, ha messo a verbale che “è uomo d’onore del mandamento mafioso di Porta Nuova… è uscita di galera nel 2020, Incontrera Giuseppe (assassinato alla Zisa VIDEO) mi diceva che doveva rimanere ‘serbato’ (conservato, nel senso di riservato ndr) cioè di non farsi notare in giro con altre persone”. Poi ha aggiunto di avere saputo che era “impegnato in una cosa molto importante”. Incontrera “non mi ha specificato di cosa si trattava… non ho chiesto più informazioni perché non si può. Non bisogna essere troppo curiosi e non si chiede punto, quello che ti dicono lo ascolti ma non chiedi”.
Questa “cosa importante” era legata ad un componente della famiglia di Motisi. C’entra in qualche modo il latitante? La caccia a Motisi non è stata dichiarata definitivamente chiusa. Condannato all’ergastolo, 64 anni, latitante da 25. Il 16 ottobre 2007 i carabinieri fecero irruzione in una villa a Casteldaccia e scoprirono che lì Motisi aveva festeggiato il compleanno della figlia. Trovarono pure delle fotografie. È stato uno dei covi del latitante, così come un appartamento in via Enrico Toti, poco distante dall’Università degli studi. Motisi vi ha soggiornato senza dare nell’occhio. Le tapparelle non sono mai state alzate neppure di un millimetro. Anche qui i militari sono arrivati troppo tardi.
Di tanto in tanto il nome di Motisi, soprannominato il pacchione, salta fuori. Le indagini per la cattura restano sempre aperte, anche se qualcuno si è spinto a dire che è morto. Il collaboratore di giustizia Angelo Casano, che per un periodo è stato subalterno di Motisi, ha raccontato che nel 2002 il boss fu destituito dalla reggenza di Pagliarelli. Al suo posto tornò Nino Rotolo, trasferito ai domiciliari per motivi di salute e ora di nuovo al 41 bis (qui l’elenco completo dei detenuti al carcere duro): “Motisi aveva una gestione molto strana del mandamento. Non si faceva mai vedere, non dava mai risposte. Rotolo mandò a chiamare Motisi per avere spiegazioni”. Casano sapeva pure che Motisi accettò la destituzione per occuparsi solo ed esclusivamente della latitanza, e venne accompagnato dalle parti di Agrigento dove si sarebbe nascosto nel 2004. Qui nasceva la pista francese. Nell’Agrigentino, fino al suo recente arresto, dettava legge Giuseppe Falsone. Tra Falsone e i mafiosi di Pagliarelli è sempre corso buon sangue. Falsone lo hanno beccato a Marsiglia. In terra francese.
All’inizio degli anni Duemila la moglie del boss chiese al vertice del mandamento di potersi rifare una vita. Inizialmente, era arrivato un no. Poi, invece il boss Nino Rotolo ci ripensò. “Se un domani dovesse venire qualcuno mandato da Giovanni (Motisi ndr), cerca me e io so cosa gli devo dire – così diceva semza sapere di essere intercettato – questo te lo posso promettere: bello mio, tu te ne sei andato e non ti sei preoccupato”.
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