Cronaca

Rotoli, immondizia e bare: continua l’offesa ai defunti FOTO

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07 Febbraio 2022, 19:20

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L’incanto, come sempre, prima dello schianto. Arrivi al cimitero palermitano di Santa Maria dei Rotoli, costeggiando il mare cristallino dell’Addaura, con una primavera imminente che sembra annunciare la buona notizia della fine della Grande Paura. Gli odori sono penetranti, anche sotto la mascherina. Tutto sembra rimandare a una sinfonia di cose belle. Poi varchi l’ingresso ed ecco lo schianto oculare, olfattivo e brutale, dopo l’incanto. Il cimitero si stende in tutta la sua sconcezza, nell’offesa che reca ai morti, per la vergogna dei vivi.

Subito si viene accolti dalla consueta distesa di bare sotto il solito tendone bianco. Quante volte hanno chiesto scusa? Quante volte hanno detto che si sarebbe provveduto? Quante volte quella promessa non è stata mantenuta? Anche se lo scempio sparisse domani – e non sparirà domani – resterebbe la ferita profonda, l’ustione di una indecenza. Facile indignarsi? Più che facile, naturale. Ma il problema è che, forse, non ci stiamo indignando abbastanza. Indignatissime furono, il 2 novembre scorso, le opportune parole di monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo: “Questo è inumano. È impensabile che in una convivenza umana possa accadere che i corpi siano violati, in vita e in morte. Mai. Ogni disprezzo dei corpi destruttura, abbrutisce e lacera la città umana”. Eppure, siamo sempre qui, passettino in avanti più, passettino meno, a narrare una vecchia trama di orrori. In un tripudio di cronoprogrammi, di ‘faremo’ e di ‘ci impegneremo’.

Molte bare sono state sollevate e poste su scaffali precari. Altre giacciono per terra, accanto a cartacce e petali di antichi omaggi floreali. Intorno, una specie di discarica. Gli operai sono al lavoro, ma lo spettacolo lascia sgomenti: carta, plastica e cestini stracolmi. I viali del camposanto sono lastricati dall’immondizia. Una afflizione maggiorata per chi visita qualcuno che non c’è più. Sotto il tendone, alcune immaginette funebri sono staccate dalla cassa – strappate dal tempo delle attese, da un casuale sfregamento – e restano nella polvere. Una madre e sua figlia camminano, guardandosi attorno. La seconda, nella vastità dei Rotoli, si toglie la mascherina e atteggia le labbra a una smorfia di disgusto. Altri procedono come se niente fosse, abituati come siamo alla nostra stessa rassegnazione. Una signora con i capelli bianchi per poco non inciampa nel gambo di qualcosa che, un giorno, fu un fiore.

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E’ l’offesa ai morti che continua, in questa povera Palermo, per la vergogna dei vivi. Ancora bare accatastate, come poverissime cose, nel deposito accanto all’ingresso principale. Ancora uno spettacolo che mortifica le persone che lavorano qui e che, stamattina, ci danno dentro. Santa Maria dei Rotoli è una cittadella operosa tra mezzi che sfrecciamo e operai che rincorrono l’impresa impossibile del decoro. Un impiegato sibila: “Non ne possiamo più. Qui ci sono defunti che aspettano da due anni una degna sepoltura”.

E tornano alla mente le parole ferme, di condanna, del cardinale Pappalardo in occasione del delitto Dalla Chiesa: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur: mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici! E questa volta non è Sagunto, ma Palermo. Povera la nostra Palermo!”. Siamo in un contesto diverso e irriducibile. Ma la tragedia a cui assistiamo riporta a galla quella poderosa invettiva per rabbioso moto dello spirito. La città che si prepara alle elezioni ha messo da parte tutto e sceglie soltanto il pezzetto di verità che può giovarle per spirito di fazione. Così anche lo scempio dei Rotoli è soltanto il pretesto per darsele, mediaticamente, di santa ragione, ben oltre il significato della circostanza. Nessuno pensa davvero all’offesa dei morti e alla vergogna dei vivi. Sì, povera la nostra Palermo.

La replica dell’assessore Sala (LEGGI)

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07 Febbraio 2022, 19:20

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