31 Agosto 2023, 06:30
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PALERMO – Era guardingo il boss di Resuttana, Salvo Genova. Sapeva che, una volta finito di scontare la pena, gli investigatori non gli avrebbero staccato gli occhi di dosso. Non si sbagliava. Si sbagliava, però, sul fatto di riuscire ad evitare di essere pedinato. I suoi stratagemmi non hanno funzionato. Tra questi c’era l’utilizzo di un panificio come stazione di passaggio. “Vado a comprare il pane ora”, diceva. Il boss entrava dalla porta principale e usciva dal retro.
Il panificio si trova in un’altra zona della città, a Cruillas, ed è riconducibile a Salvatore Castiglione, arrestato lo scorso luglio nello stesso blitz che ha coinvolto Genova. Ad accompagnarlo era un autista abile a fare perdere le tracce. A volte Genova scompariva per più di un’ora e mezza e poi faceva ritorno al panificio nella zona di via Inserra. Altre volte personaggi rimasti non identificati si avvicinavano all’autista per sussurrare i luoghi dove spostarsi.
A tradirlo sono state le intercettazioni. Ci sono state volte in cui Genova si è lasciato andare, specie quando parlava con il suo braccio destro Sergio Giannusa: “Ho questi due pizzini di appuntamento… nel pizzino non c’era scritto chi doveva venire. Vero è?”. “No”, rispondeva Giannusa, per non svelare una delle tante identità ancora nascoste che aveva fatto da tramite con due volti noti agli investigatori.
Ad uno degli incontri convocati da Genova avevano partecipato “Pieruni” e “Giampiero”, identificati in Giovanni Giordano, detto Giampiero, e Pietro Tumminia. Il primo era l’uomo di fiducia del reggente della Noce, Giancarlo Seidita, il secondo leader della famiglia di Altarello.
Seidita, pure lui recentemente arrestato, era stato piuttosto loquace: “Tu, vedi che devi sapere che noialtri nasciamo per essere sempre arrestati – Genova faceva a Giannusa il resoconto della discussione -. Gli ho detto: per essere arrestati ma per capriccio mio. Se mi devo fare arrestare, mi devo fare arrestare per capriccio mio, non per capriccio di qualche altro cristianu”. In ballo c’erano soprattutto dei dissapori con gente di Carini per “il discorso dei picciuli”.
C’era stato anche un confronto su Giannusa. Seidita aveva chiesto a Genova se il suo braccio destro fosse formalmente affiliato: “Gli ho detto: che vuoi sapere di Sergio? No, dice, è amicu nuostru, non è amicu nuostru?… gli ho detto: Sergio si muovi e fa zuoccu ricu io. Unn’è amicu nuostru comu intendi tu. Però, è responsabile di certe situazioni”.
Il boss Seidita voleva informazioni anche sul conto di Carlo Giannusa, fratello di Sergio: “Siccome io sono santa Chiara di Napoli… gli ho detto, a che… a che titolo lo vuoi sapere? “No, dice, semplicemente… siccome lui era arrestato con me ad Asti”. Poi si erano salutati e Genova aveva fatto ritorno, come sempre, al panificio dove anche Giancarlo Seidita si faceva vedere spesso.
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31 Agosto 2023, 06:30