Partinico e la distilleria Bertolino | Viaggio nella fabbrica che divide

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03 Giugno 2017, 16:22

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PALERMO – Dicono sia la più grande d’Europa. Esponenti politici di ogni colore, giornalisti e semplici cittadini della zona parlano della distilleria Bertolino di Partinico, in provincia di Palermo, come uno dei più grandi impianti europei per la produzione di alcool. Più di quelli della pianura padana. Non si sa bene da dove sia arrivata questa voce, ma riassume alla perfezione quanto lo stabilimento della Bertolino sia diventato ingombrante nella vita e nella testa degli abitanti di Partinico. Da decenni la distilleria è oggetto di uno scontro politico e ambientale, entrato di recente in una nuova fase con la decisione di spostare l’impianto in una zona periferica.

Arrivando in paese l’impianto della Bertolino si annuncia da qualche chilometro di distanza, con i silos color acciaio e la canna fumaria ben visibili dalla bretella di collegamento con l’autostrada Palermo-Mazara. Si attraversa una spianata cosparsa di cicatrici in cemento, monumenti alle aspirazioni di crescita della zona come ipermercati, grandi costruzioni abbandonate, piazzole in cui si accumula l’immondizia, e l’abitato di Partinico si fa vivo con attività commerciali e i primi condomini. Dopo un passaggio a livello si apre il grande cancello dello stabilimento, circondato da abitazioni e da un supermercato.

Quando la fabbrica è stata fondata, nel 1932, era un piccolo magazzino ai margini del paese. Con la crescita di Partinico nel dopoguerra la Bertolino fu raggiunta e inglobata dai palazzi, iniziando una convivenza che divenne problematica negli anni settanta, quando lo stabilimento si ingrandì e da impresa locale passò a industria che serviva l’ottanta per cento del mercato siciliano dell’alcool distillato. Nel 1981 iniziarono gli scontri, almeno dal punto di vista di Antonina Bertolino, erede del fondatore e manager della distilleria dal 1965: “Quell’anno hanno iniziato ad attaccarmi parlando di inquinamento, e gli attacchi hanno avuto conseguenze anche con la magistratura”.

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Quando nella distilleria si lavora, durante la vendemmia, Partinico viene invasa da un odore di vinaccia. In città lo conoscono bene e ne parlano con un misto di astio e rassegnazione, dicendo in qualche caso di soffrire di nausea e mal di testa. Le campagne di gruppi ambientalisti e della stampa locale fin dall’inizio hanno sostenuto che la distilleria scaricasse fumi e acque reflue fuori tabella, ovvero sforando i limiti fissati dalle leggi, ma la Bertolino ha sempre negato qualsiasi accusa, documentando la legittimità dei propri scarichi e portando in tribunale chiunque collegasse l’inquinamento della zona alle proprie attività.

Uno dei punti su cui si sono spesso concentrate le proteste è il torrente Nocella, un corso d’acqua che scarica nel golfo di Castellammare e che per la presenza di inquinanti spesso diventa, come dicono da queste parti, color del vino. Esponenti politici, attivisti locali e giornalisti si dicevano convinti che il disastro del Nocella, invaso dai polifenoli, fosse da imputare alla Bertolino e ai suoi scarichi. Ma per Antonina Bertolino era tutto frutto di un pregiudizio. Nel Nocella c’erano altre fonti di acque reflue come oleifici o fogne, eppure tutta la responsabilità delle acque reflue, secondo Bertolino, veniva gettata sulla distilleria, che si era dotata di un depuratore nella prima metà degli anni Novanta. Alla storia e alle polemiche sulla distilleria di Partinico dedica un’inchiesta il nuovo numero del mensile S. Un servizio che mette a confronto le posizioni dell’azienda e quelle di chi solleva problemi di carattere ambientale derivanti dall’attività della famiglia Bertolino.

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03 Giugno 2017, 16:22

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