Partinico scende in piazza | contro le intimidazioni

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16 Novembre 2010, 18:01

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E’ una fiaccolata contro la mafia, contro le intimidazioni, contro la paura quella che ha sfilato lungo le vie principali di Partinico questo  pomeriggio. Un corteo di luci dopo i roghi che nei giorni scorsi hanno lanciato chiari messaggi agli imprenditori del centro in provincia di Palermo, storica roccaforte mafiosa.

Mentre gli investigatori tentano di scoprire mandanti ed esecutori delle intimidazioni, stanotte è stata bruciata la Mercedes classe A di Giuseppe Bonomo, imprenditore edile, in via Avolos. Il padre, Giovanni, è morto a 75 anni dopo che era stato arrestato nel 2003, perché ritenuto il capomandamento di Partinico. Un’escalation di violenza che è iniziata il 3 novembre con l’incendio di macchina, casa e magazzino dell’imprenditore Saverio Lo Monaco. Poi è stata la volta della casa di campagna del vicepresidente del Consiglio provinciale di Palermo, Enzo Briganò (Mpa) e dell’escavatore di Giovanni Lo Monaco, fratello di Saverio. Un’altra auto è stata incendiata in via dell’Avvenire: era di un imprenditore edile tunisino di 26 anni. Poi un altro escavatore, quello dell’ impresa edile di Vanessa Cannavò.

Contro la  strategia della paura, questo pomeriggio a Partinico sono scesi in piazza Confcommercio, Confesercenti, Confindustria, Cna, Legacoop e Secolo Ventuno, ma anche i sindacati, la società civile, la Chiesa, le scuole, amministratori. Tutti dietro il sindaco Salvatore Lo Biundo, che ha guidato il corteo attraverso corso dei Mille, via Francesco Crispi fino a piazza Umberto I, di fronte il municipio, per fare fronte comune contro i clan che proprio qui, alle porte di Palermo, sembrano avere rialzato la testa per spartirsi la torta degli appalti ma soprattutto per accaparrarsi i lavori per la realizzazione del Policentro, un affare da 300 milioni.

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“Tutta questa violenza sembra avere il solo obiettivo di ristabilire un’autorità unica – spiega il procuratore di Palermo, Francesco Messineo -. A Partinico non esiste una sola associazione antiracket, una denuncia per estorsione. E non c’é stato un solo imprenditore che abbia ammesso di avere pagato il pizzo. L’unico segnale di discontinuità lo ha dato l’amministrazione comunale, costituendosi parte civile nel processo Carthago”.

E’ così che questa “terra di mezzo” diventa spazio vitale per la strategia delle cosche, falcidiate da arresti e pentimenti. Lo Stato non intende però indietreggiare di un solo centimetro. “C’é uno strettissimo rapporto, un grande dialogo tra le forze di polizia – prosegue Messineo -. In questo momento é in corso un serrato lavoro di controllo del territorio che però non tralascia neanche l’aspetto investigativo. Io sono sicuro che a breve scadenza potremo vedere risultati concreti”. Ma niente esercito. “Questa ‘guerra’ si combatte con il controllo del territorio e con attività investigativa – ha detto il prefetto Giuseppe Caruso – Per quanto riguarda il primo aspetto le forze dell’ordine hanno già implementato gli uomini in campo e riteniamo sufficienti questi numeri. Parallelamente, c’é una macchina investigativa che va a mille giri e che ha bisogno solo dei tempi tecnici per lo sviluppo finale”.

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16 Novembre 2010, 18:01

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