Pietà l’è morta (e non sotterrata)

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06 Agosto 2011, 01:08

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Ci soccorra un guizzo di amara ironia: a Palermo, il cimitero è come il collocamento. Ma poi svanisca e lasci il posto alla rabbia, nel vedere le bare in fila, come le macchine di una giornata di intenso traffico. Ci fa più male l’orrore dei Rotoli incastrato nelle foto e nelle cronache di Federica Sciacca. Vigliacca è la città che non rispetta nemmeno i defunti. Abbiamo messo in fila le porcate di questa Palermo disperatissima. Abbiamo riportato il grido dei disabili, degli indigenti, degli ultimi. Adesso, con i morti, siamo consapevoli di una ulteriore discesa. Un gradino in più nel fango. La morte rende le persone soggetti debolissimi. Indifeso è il corpo che giace e non può opporsi a una dissennata profanazione. Tremenda è l’astenia dei parenti, maciullati dal lutto e perciò inadatti all’indignazione, perché il cuore è occupato da un macigno.

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Eppure, i nostri morti vivono nella nostra memoria. Quando voglio parlare con mio padre, lo cerco lì, sotto una croce di ferro, accanto a qualche fiore. So di chiacchierare con l’erba e con il vento. Ma il ricordo è un amico buono nell’illusione che offre. A fianco di una lapide, ci sfiora la speranza che tutto non sia smarrito. Una amorosa corrispondenza che a Palermo incivilissima viene quotidianamente calpestata. I morti non hanno luoghi per essere accarezzati sulle ciglia immaginate. Non hanno un domicilio, né stanze di ricreazione per abbracciarci. Sono ammassati nei locali grigi di un casermone che non permette intimità e non concede decoro. E’ la violenza delle violenze. Ci hanno tolto la dignità. E vogliono rubarci l’amore paziente con la sua ostinata resistenza. Vogliono cancellare il suo nome.

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06 Agosto 2011, 01:08

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