10 Gennaio 2012, 12:06
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Non sarò certamente io, che ne sono parte da quasi cinquanta anni, a sminuire il valore e la sportività della tifoseria rosanero. Io che c’ero, ho ancora negli occhi e nel cuore la scena di Nocerino e Pinilla con le videocamere a tracolla che riprendono ammirati la curva giallorossa vestita di rosanero. Io che c’ero, ho ancora nelle orecchie gli applausi finali che tante persone in lacrime tributavano al campione africano che, con due stilettate, aveva trasformato per la terza volta il sogno in un incubo. Quegli applausi erano molto diversi da quelli che il pubblico della Favorita ha riservato a Cavani, un campione mai troppo amato e mai troppo rimpianto. Il nobile gesto è stato oggetto di encomi e peana generali: esemplari le parole di Mondonico, vecchio uomo di calcio che ha dichiarato che “finché ci saranno tifosi come questi, il calcio non morirà mai”.
Da tifoso rosanero, sono onorato da tanta attenzione che è figlia della deriva antisportiva che ha ormai assunto il calcio italiano. Quella deriva, che fa sembrare “straordinaria” l’approvazione di un gesto tecnico di classe da parte di un avversario, è la stessa che fa apparire “eroe” un modesto giocatore di Serie B che denuncia un tentativo di corruzione. Il punto è che, a differenza di coloro che non conoscono lo stato d’animo di una quota ormai maggioritaria della tifoseria rosanero, io vedo in quel gesto un messaggio più ampio e sottile. Con il sarcasmo che rappresenta la forma più amara e dolorosa di ironia, proprio perchè diretta contro sé stessi, i tifosi del Palermo intendevano dire che sono stufi di assistere come capotreni in stazione al continuo andirivieni di passeggeri al primo viaggio fuori porta. Che se va male si perdono per strada e se va bene se ne vanno altrove. Che non tollerano più questa tela di Penelope tessuta con i colori della propria bandiera. Che non sopportano più l’auto-referenzialità con la quale Zamparini si arroga il diritto di dire e fare tutto ed il contrario di tutto.
Nella loro criptica eloquenza, quegli applausi così amari sono stati belli e dignitosi. Tuttavia, io credo che il destino del ritmico movimento di ciascuna di quelle mani non fosse solo il sonoro incontro con la propria “compagna”. Quelle mani erano metaforicamente dirette verso guance molto lontane. Quegli applausi a Cavani erano anche schiaffi in faccia a Zamparini.
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10 Gennaio 2012, 12:06