15 Gennaio 2019, 06:04
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PALERMO – Il contratto dei regionali deve essere ancora limato ed è corsa per arrivare alla firma. L’accordo doveva essere raggiunto la scorsa settimana ma poi è slittato perché si è reso necessario ridiscutere le indennità, le progressioni economiche e trovare una soluzione sulla riclassificazione di tutto il personale, principalmente delle categorie A e B. Così, ci sono articoli da riscrivere e dossier da chiudere per arrivare a un rinnovo normativo ed economico del contratto di lavoro, atteso da circa dieci anni, e che riguarderà il triennio appena concluso: quello fra il 2016 e il 2018. Ma i contatti proseguono e la fumata bianca potrebbe arrivare a giorni: tra la fine della settimana e l’inizio della prossima.
Primo nodo da sciogliere sarebbe quello sulle indennità di amministrazione, una parte variabile della busta paga, nata per raccogliere alcuni elementi accessori dello stipendio del dipendente pubblico, e che potrebbe ammontare da un minimo di 15 euro a un massimo di 40. Per pagare queste indennità dovrebbe essere usato un fondo la cui denominazione non è specificata nell’ultima bozza di contratto ma che dovrebbe raccogliere l’eredità del Famp, il fondo di amministrazione per il miglioramento delle prestazioni. Dovrebbe essere sciolto, invece, il nodo sulle indennità di posizione e di risultato per i dipendenti che ricoprono posizioni organizzative. Le funzioni saranno divise in tre livelli a cui corrispondono tre fasce di pagamenti lordi pari a ottomila, diecimila e dodicimila euro. L’indennità di risultato invece non potrà essere mai inferiore al 10% dell’indennità di posizione.
Il contratto prevede pure che venga sbloccata la progressione economica all’interno delle quattro categorie di lavoratori. Le categorie infatti hanno al loro interno varie fasce contributive così un dipendente nella fascia può ottenere l’aumento di stipendio attraverso, appunto, la progressione economica. Stando alla bozza di contratto, dovrebbe potervi accedere chi appartiene a quella categoria da più di trentasei mesi. Le progressioni dovrebbero essere consentite sulla “base di graduatorie di merito per ciascuna posizione economica nell’ambito delle rispettive categorie di inquadramento” usando i criteri dell’esperienza professionale maturata, dei titoli di studio, della partecipazione obbligatoria a un percorso formativo che sia completato da un esame e dalla valutazione delle performance individuali di tre anni precedenti al concorso. La platea potrebbe comunque essere vasta e così la bozza prevede che per il primo anno di applicazione il concorso sia aperto a una quota pari al 35% del personale a tempo indeterminato. Le risorse a disposizione d’altronde non sono state fissate e sono rinviate a un accordo successivo e la coperta potrebbe rilevarsi corta. Così i sindacati vorrebbero ottenere garanzie sul fatto che tutti gli impiegati siano coinvolti dalla possibilità di accedere al concorso per avere uno stipendio migliore.
Infine c’è la questione della riclassificazione del personale avanzata da alcune sigle a seguito dello slittamento della firma dopo il 31 dicembre 2018. Sul punto ci sarebbe l’accordo per non inserire la questione nel contratto rinviandola alla trattazione di una commissione paritetica ma fra i lavoratori delle categorie A e B, le più numerose nell’esercito dei regionali, ci sarebbe malcontento per il rinvio della questione. Un autoproclamato “coordinamento regionale A e B” nato a Caltanisetta, dopo la mancata firma del contratto, in una lettera rivolta ai sindacati e fra gli altri al presidente della Regione e a quello dell’Aran Sicilia, ha diffidato le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori dal firmare un contratto che non preveda la possibilità di accesso alla classi superiori per gli operatori (categoria A) e i collaboratori (categoria B).
La questione riguarderebbe, insomma, tutti gli impiegati che pur essendo diplomati o laureati hanno qualifiche basse. Il problema è stato sollevato anche dal presidente della Regione che qualche mese partecipando alla manifestazione Panorama d’Italia disse di volere “consentire a coloro che hanno voglia di aiutare di potere avere accesso all’ascensore interno per aumentare la classe di appartenenza a coloro che ne hanno i titoli. Per questo – concluse il governatore – ci vuole tempo”. Ma per i lavoratori che in questi giorni diffidano i sindacalisti non c’è più tempo: “Da anni – scrivono – , aspettiamo nel passaggio in categoria superiore per avere un lavoro soddisfacente sia professionalmente che, soprattutto, economicamente ma denotiamo una certa sordità”. La richiesta sarebbe così quella di usare i posti vacanti del fabbisogno del personale approvato lo scorso anno per attivare i primi concorsi per il passaggio in nuove categorie. La questione è all’ordine del giorno ma difficilmente rientrerà nel nuovo contratto di lavoro.
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15 Gennaio 2019, 06:04