Immobili, tra Collegato e password | Affitti da 39 milioni all’anno

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10 Luglio 2019, 05:58

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PALERMO – Governo senza password, opposizioni all’attacco, un censimento da 90 milioni, e una norma del ‘Collegato’ già rimandata indietro in commissione. La gestione degli immobili in Sicilia è sempre più un caso politico. Con tanto di richiesta alla Commissione antimafia di approfondire la questione. E intanto, il governo sta provando a correre ai ripari, chiedendo alla società Sicilia digitale di “sbloccare” l’accesso al database regionale. Con un rischio paradossale: per non perdere il report costato 90 milioni, la Regione potrebbe essere costretta a sborsarne altri. Dall’altra parte Palazzo d’Orleans è a un vicolo cieco: da un lato non può accedere al vecchio censimento dall’altro la norma che dispone il nuovo è in bilico, ma un report sugli immobili è necessario come è stato richiesto dalla Corte dei conti.

Il censimento? Lo facciano i regionali

Si riparte da lì. Dalla seduta dell’Assemblea regionale siciliana dello scorso martedì, quando all’esame dei deputati è stato sottoposto un articolo del disegno di legge Collegato che attribuiva al Dipartimento tecnico regionale il compito di realizzare un censimento del patrimonio regionale.

La norma, poi arenata e rinviata in commissione, ha scatenato l’attacco delle opposizioni con il Movimento Cinque stelle che ha incalzato l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao per avere notizie del censimento avviato nel 2009. Armao ha così risposto che la Regione ha il server ma non ha la password per accedervi a causa di un contenzioso. I parlamentari pentastellati così hanno fatto ironia. “Non sarebbe stato più logico – ha chiesto Antonio De Luca – , dato che siamo nel 2019, rivolgersi ad uno studio informatico per bypassare questa password?”.

Il Def: 39 milioni per gli affitti

Intanto, l’intenzione del governo di affidare agli interni il lavoro che in realtà è stato già fatto e profumatamente pagato, si ritrova anche nel Def approvato pochi giorni fa dalla giunta. Nel documento di programmazione, l’esecutivo regionale indica alcuni adempimenti per scoprire il valore del patrimonio e metterne la cifra in bilancio. 

Si punta a utilizzare di più i beni confiscati alla mafia , ad acquisire immobili da altri enti pubblici e a capire quante persone fra Regionali, Pip e dipendenti Sas lavorino negli uffici. L’obiettivo principale, però è risparmiare dalla voce delle locazioni passive, sciogliendo i contratti d’affitto inutili. Il programma è eliminare in tre anni una spesa per affitti per poco più di 782mila euro. Sempre nel Def è riportato qualche dato sugli affitti della Regione. Le locazioni attuali sono 141 di cui 19 sono in disdetta. Il costo per tutte queste locazioni è pari a 38,6 milioni. Gli immobili affittati dal Fiprs sono 24 e hanno un costo annuo che a seguito del recesso parziale dal contratto d’affitto è pari a 23,6 milioni. Al Fondo così viene corrisposto quasi un terzo di quanto la Regione paga per stare in affitto.

Gli affitti del Fiprs hanno poi un’altra caratteristica. Nel Def infatti il governo scrive che ci sono “taluni contratti di locazione passiva di clausole restrittive che rendono difficile e non immediato il rilascio degli immobili (fondo Fiprs)”. La missione è così ridurre proprio questi canoni.

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Il database “sigillato”

Intanto, però, c’è da risolvere l’altra questione. Quella che riguarda i dati frutto del censimento milionario. Come accedere al database non possedendo la password? Secondo alcune indiscrezioni la Regione avrebbe fatto un sondaggio con Sicilia Digitale, per capire se è possibile forzare il server. La risposta degli informatici della società regionale non sarebbe stata del tutto rassicurante: per realizzare un’operazione difficile come quella richiesta, ci vorrebbe tempo, personale e soprattutto risorse. Accadrebbe così che per consultare il censimento degli immobili regionali conservato nel famigerato server e costato secondo le stime oltre 90 milioni sarebbero necessarie ulteriori risorse.

Lo strano caso degli immobili

Tutto come detto è iniziato durante il secondo governo Cuffaro nel 2009. Allora il governo regionale pensò di vendere una parte degli immobili di proprietà regionale utilizzando la Spi, Sicilia patrimonio immobiliare, una società mista, al 75 per cento della Regione e al 25 per cento dei privati. Attorno a quell’operazione tanti i dubbi e le ombre, messe nero su bianco anche dalla Corte dei conti. Nel 2012, la scelta del governo Lombardo di escludere la Spi dalla gestione del patrimonio immobiliare. Sarebbe partito poi un contenzioso con i privati rappresentati dall’immobiliarista Ezio Bigotti recentemente finito al centro delle cronache giudiziarie.

L’Antimafia e il centro direzionale

La questione antica è tornata all’ordine del giorno a Palazzo dei Normanni pochi giorni fa, come detto. I deputati del M5s hanno anche chiesto l’audizione di Armao in commissione Antimafia. “Ben vengano le audizioni – è stato il commento del vicepresidente della Regione – così si avrà modo di illustrare le misure che abbiamo realizzato a tutela del patrimonio pubblico”.

E a propositi di immobili, a Sala d’Ercole era molto attesa un’altra norma, di cui però non si trova traccia nel Def. Nell’atto di programmazione economica di Palazzo d’Orleans non è spesa infatti una riga per il centro direzionale della Regione la cui realizzazione è pure prevista nel Collegato. Sarebbe solo l’ultima puntata della storia infinita degli immobili della Regione.

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10 Luglio 2019, 05:58

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