"Rifiuti? Settore in mano a Cosa nostra": Zuccaro in Antimafia - Live Sicilia

“Rifiuti? Settore in mano a Cosa nostra”: Zuccaro in Antimafia

Il procuratore capo di Catania è stato sentito dalla Commissione nazionale. Ha parlato anche di beni confiscati.
L'INTERVENTO
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PALERMO – “Il settore delle discariche, che è particolarmente redditizio, è in mano quasi per intero a soggetti collegati alla mafia, direttamente o indirettamente. Così come la raccolta dei rifiuti“. È il duro atto d’accusa del procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro, nel corso della sua audizione davanti alla Commissione nazionale Antimafia. Per il magistrato etneo, Cosa nostra “approfittando dell’emergenza rifiuti in Sicilia, dovuta a una scellerata scelta fatta dalla Regione nel corso di lunghissimi anni, si infiltra nella gestione nel conferimento dei rifiuti”.

“Scellerata scelta della Regione”

Una inefficiente politica regionale sull’immondizia avrebbe portato il settore, sempre sotto pressione per le tanto continue quanto prevedibili emergenze, a essere quasi totalmente permeato dalla criminalità organizzata. “Quasi tutte le imprese che si occupano della raccolta dei rifiuti nella Sicilia orientale hanno un controllo diretto o indiretto dei sodalizi mafiosi – ha detto ancora Zuccaro – La nostra Procura ha fatto tre grandi operazioni che hanno portato all’emersione di questi collegamenti, uno dei quali con il clan Santapaola”.

Il procuratore capo di Catania non ha parlato solo di spazzatura. “L’infiltrazione di Cosa nostra nel tessuto economico è particolarmente rilevante in settori fondamentali per lo sviluppo dell’economia – ha dichiarato – A partire dal settore dell’agricoltura, il settore del commercio, dal piccolo al grande commercio, ma anche il settore edilizio. Molti settori che sono a basso indice di capitalizzazione ma ad elevato numero di personale, in cui la circolazione del contante è particolarmente importante. Questo consente a Cosa nostra di ripulire il denaro derivante da attività illecite”.

“Beni confiscati? Lo Stato non è credibile”

Un passaggio rilevante della sua audizione l’ha poi dedicato all’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati. “C’è del personale non qualificato – ha proseguito Carmelo Zuccaro – sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, mancano figure intermedie. Su questo lo Stato si gioca la credibilità“. Sia a livello centrale sia a livello locale. Un esempio di malfunzionamento sarebbe il Comune di Catania: “Non si sono messi a operare e in questo settore abbiamo una lunga lista di beni che andrebbero assegnati, ma i Comuni non fanno la loro parte”, ha ribadito.

“È uno degli aspetti più critici che ho riscontrato, quello della gestione dei beni che vengono sequestrati e confiscati ai sodalizi mafiosi, un settore nel quale le istituzioni dello Stato rischiano di fare pessima figura dinanzi all’opinione pubblica. Abbiamo un’ottima legislazione su confisca e sequestro, ma l’amministrazione dei beni risulta particolarmente inefficace. Se un bene sequestrato viene lasciato lì senza nessun utilizzo è chiaro che traspaia come lo Stato non mostri particolare affidabilità su quello che dovrebbe essere uno degli strumenti più importanti”. Il procuratore ha poi ribadito l’apertura di un’inchiesta a carico di funzionari dell’Agenzia dei beni confiscati e di “alcuni commercialisti, perché hanno lasciato che determinati beni rimanessero nelle mani dei soggetti mafiosi dopo essere stati da tanti anni sequestrati e confiscati”.

“Dobbiamo contrattaccare”

“Per la lotta a Cosa nostra non possiamo limitarci a una difesa passiva di legalità, ma a un attacco vero e proprio, per cui ho molto puntato sugli aspetti economici del contrasto al fenomeno mafioso, per mezzo di sequestri preventivi finalizzati alla confisca. Nel distretto catanese i sequestri nei confronti di patrimoni mafiosi sono i più alti in Sicilia. Lo ritengo fondamentale come strategia d’attacco, perché il territorio e l’economia catanese sono una realtà che si presta a essere infiltrata e aggredita dai sodalizi mafiosi, sia dai Santapaola che dai clan Cappello e Laudani“. Il magistrato ha poi chiesto di secretare una parte del suo intervento.


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