05 Novembre 2020, 11:56
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PALERMO – Nella giornata di ieri il Premier Conte ha illustrato le misure dell’ultimo Dpcm che entreranno in vigore da domani. Le Regioni sono divise per colore in base al livello di rischi.
La Sicilia avrà un colore arancione con un rischio ritenuto medio-alto. Questo ha fatto infuriare un po’ tutti. Tra le categorie che pagheranno le conseguenze di questo mini lockdown c’è la ristorazione che potrà operare soltanto con l’asporto e con consegna a domicilio, con un conseguente e drastico calo degli incassi.
Il settore in Sicilia, ma non solo, è pronto a fare fronte comune e Salvatore Longo, vice presidente e referente per la Sicilia del MIO (Movimento Imprese Ospitalità) ci racconta come ha reagito all’ultimo Dpcm il settore.
“Questa situazione non fa bene e influisce anche a livello psicologico. Quello che ci lascia perplessi – dichiara Longo – è la mancanza di coerenza da parte delle istituzioni. Nelle chat con gli altri operatori del settore ci chiediamo perché la Campania, che ha almeno il doppio se non il triplo di positivi rispetto alla Sicilia, è gialla e noi arancione. Ci sono 21 parametri da analizzare, ma la situazione è questa. Ci fa paura l’incoerenza da parte delle istituzioni. Vorremmo capire perché a marzo, quando la Sicilia contava pochi casi, è stato scelto per lockdown e ora si prendono decisioni Regione per Regione”.
Il settore intero è stato un po’ preso alla sprovvista da queste ultime mosse del Governo: “Stiamo cercando di capire come muoverci. Vogliamo capire – continua Longo – se e quando sarà possibile fare delle manifestazioni. Siamo in fase di studio e, come si dice in gergo, siamo presi dalla botta. Adesso diventano fondamentali gli indennizzi che speriamo arrivino in tempi brevi. I colleghi hanno reagito con perplessità alle decisioni del Governo, ma cerchiamo di darci risposte pensando alla sanità carente che abbiamo in Sicilia. Lo stato attuale è di confusione e sbandamento”.
Prima per alcune attività come ad esempio i bar, era possibile rimanere aperti e garantirsi qualche incasso maggiore rispetto ai ristoranti, adesso neanche loro potranno farlo: “Prima i bar potevano tenere botta, ora nemmeno loro potranno farlo. Tra noi prima – continua il vice presidente del MIO – c’era spaccatura all’interno del settore Horeca, perché il bar poteva aprire la mattina, incassare e ammortizzare le spese. Adesso siamo tutti nella stessa barca”.
I più colpiti saranno i dipendenti perché torneranno alla cassa integrazione e alcuni potrebbero non tornare al lavoro se le attività non dovessero riaprire: “I dipendenti potrebbero pagarne le conseguenze. Noi non abbiamo più la possibilità di anticipare la cassa integrazione per farli andare avanti, ora non possiamo nemmeno fare questo”.
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05 Novembre 2020, 11:56