Scotti, Gargani e la trattativa

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18 Giugno 2012, 21:46

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“Gargani? Era membro della commissione giustizia della Camera, mi consigliò di non insistere sul rapido iter di ratifica del decreto 8 giugno 1992″. A parlare davanti ai sostituti procuratori della Dda di Palermo Antonino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene è l’ex ministro dell’Interno Vincenzo Scotti (nella foto). E’ l’otto giugno scorso e poco prima di chiudere le indagini sulla cosiddetta trattativa tra Cosa Nostra e pezzi dello Stato, i magistrati palermitani convocano Scotti per farsi confermare alcuni passaggi contenuti in “Pax mafiosa o guerra?”, il libro dal titolo rivelatore scritto recentemente dal politico democristiano. In particolare, gli inquirenti vogliono vederci chiaro su Giuseppe Gargani, l’eurodeputato dell’Udc che la giornalista Sandra Amurri aveva sorpreso a parlare delle indagini della procura palermitana con Calogero Mannino il 21 dicembre del 2011.

Nel racconto che Scotti fa ai magistrati però, Gargani avrebbe avuto un ruolo anche in alcuni passaggi del 1992, quando alla vigilia dell’insediamento del governo presieduto da Giuliano Amato, a Montecitorio c’era da convertire in legge il decreto che disciplinava il 41 bis, il carcere duro per detenuti mafiosi. “Le perplessità manifestatemi – continua Scotti rievocando quei giorni di giugno ’92 – riguardavano l’impianto complessivo del decreto e quindi, oltre che le norme introdotte nel codice di Procedura Penale in tema di acquisizione e conservazione delle prove, anche il 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Con il ministro Martelli decidemmo comunque di tenere fermo quel testo e di insistere per la sua conversione in legge, senza aspettare l’insediamento del nuovo governo”: Nel nuovo esecutivo Scotti venne sfrattato dal Viminale, sostituito da Nicola Mancino, attualmente indagato per falsa testimonianza nell’indagine sulla trattativa.

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Due giorni prima che i magistrati sentissero Scotti, è invece l’ex guardasigilli Claudio Martelli a raccontare ai pm come Gargani avesse giocato un ruolo attivo in quei mesi del 1992. “Gargani – racconta l’ex leader del Psi – si era proposto all’onorevole Craxi per assumere l’incarico di ministro della Giustizia nel governo in formazione; fu lo stesso Gargani ad invitarmi a cena a Strasburgo e a riferirmi che nel 1992 si era proposto a Craxi per assumere in mia sostituzione l’incarico di ministro della Giustizia”. Ma perché un esponente della Dc avrebbe voluto soffiare il posto di guardasigilli ad un socialista, proponendosi direttamente al leader del Psi? E’ lo stesso Martelli a rivelarlo ai giudici. “Gargani mi precisò che era andato a candidarsi da Craxi – cosa certamente inusuale in ragione all’appartenenza a diverso partito – perché riteneva che io fossi non sufficientemente determinato a contrastare con forza le indagini di mani pulite, assicurando che egli invece sarebbe stato in grado di fermare quell’indagine”.

Gargani, che è stato anche europarlamentare di Forza Italia, è stato sentito una sola volta dai pm palermitani, e solo in relazione al suo incontro con Mannino. Tanto è bastato però per iscriverlo nel registro degli indagati per false informazioni al pm. Per adesso però l’ex esponente della Dc non ha ricevuto alcun avviso di garanzia, dato che per il reato di cui è accusato il codice prevede che la posizione dell’indagato resti sospesa fino a quando il procedimento principale non arrivi alla sentenza del primo grado di giudizio. E nel frattempo non è escluso che i magistrati lo convochino nuovamente per avere delucidazioni in merito a quanto riferito da Scotti e Martelli nei giorni scorsi.

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18 Giugno 2012, 21:46

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