24 Maggio 2015, 16:40
5 min di lettura
PALERMO – “Se oggi Riscossione Sicilia può lanciare la guerra ai grandi evasori il merito è anche mio e del mio Cda. Abbiamo nominato troppi avvocati? Quella è solo una favola”. È evidente fin dalle prime parole l’imbarazzo di Lucia Di Salvo. Nei quasi due anni di presidenza della società regionale di riscossione, spiega di avere “sempre preferito scansare i riflettori e tenere un profilo basso. Ma ci tenevo a precisare alcune cose”.
Perché qualcosa non le è andata giù, nonostante l’avvocato “dribbli” con eleganza le polemiche personali. “Adesso viene dato risalto mediatico a ciò che si faceva anche prima, ma forse è meglio così. Ma sia chiaro, auguro un grande in bocca al lupo al governatore Crocetta e al nuovo presidente Fiumefreddo”. Nuovo presidente che ha recentemente dato notizia della “svolta” impressa a Riscossione Sicilia. “Devo dire che molte delle cose dette in questi giorni – spiega però la Di Salvo – venivano regolarmente portate avanti anche durante la mia gestione. Compresa la ‘caccia’ ai grandi evasori. Anche quella era una cosa ampiamente prevista. Già nell’aprile del 2014 riuscimmo ad approvare un Piano industriale, proprio insieme al governatore (l’avvocato mostra una pagina di quel Piano, ndr). Avevamo individuato nel 2015 l’anno in cui sarebbe partita la caccia ai grandi debitori, comprese le attività di aggressione dei beni di lusso”. E così è stato. Ma dalle ultime dichiarazioni rese anche in conferenza stampa, è trapelata l’immagine di una società per anni immobile e troppo “timida” nel riscuotere. Impegnata, semmai, ad attribuire decine di incarichi legali.”Quando noi, e mi riferisco anche ai componenti del cda Maria Mattarella e Gaetano Chiaro, abbiamo deciso di accettare l’incarico – ricorda l’avvocato Di Salvo – lo abbiamo fatto per puro spirito di servizio. Raccogliendo una società sull’orlo del baratro e in una condizione difficilissima. Si è detto, lo ha scritto anche lei, che al mio compenso è stato tolto il tetto. Devo dire che, se è davvero così, io non ho goduto di questa deroga, visto che la mia indennità era di 36 mila euro lordi”.
Per fare cosa? Perché anche le prerogative di Riscossione Sicilia sono state al centro di dubbi ed equivoci. “L’unico compito di Riscossione – chiarisce la Di Salvo – è, appunto, quello di riscuotere. A noi non spetta fare l’accertamento. A questo pensa l’Agenzia delle entrate che compie la cosiddetta ‘iscrizione a ruolo’. Noi dobbiamo trasformare quell’iscrizione in cartelle esattoriali e notificarle. Ed eventualmente, in caso di mancato pagamento, procedere con i pignoramenti”.
Insomma, il cammino era stato già segnato dalla precedente gestione, stando alle parole dell’ex presidente: “Se oggi Riscossione Sicilia è in grado di operare con efficacia, – dice infatti – il merito è anche di chi ha preceduto Fiumefreddo. Quando noi siamo arrivati, nel 2013, la società non aveva approvato ancora il bilancio 2012. In quei mesi Riscossione Sicilia era considerata la ‘Banda Bassotti”. Noi abbiamo ridato un’autorevolezza e un’immagine alla società, riallacciando i rapporti con l’Agenzia delle entrate, la Regione, le Procure. Io stessa ho presentato diverse denunce all’autorità giudiziaria. Diciamo che quelle decisioni non hanno avuto la stessa eco mediatica delle ultime”. Tra le novità annunciate dal nuovo presidente Fiumefreddo, però, la possibilità di aggredire meglio i beni dei presunti evasori, anche grazie all’accesso ai cosiddetti “rapporti finanziari”: “Siamo stati noi, a dire il vero, – ricorda però la Di Salvo – a stipulare una convenzione con l’Agenzia delle entrate per tutta una serie di servizi. Tra cui l’accesso ai rapporti finanziari. Che è possibile solo adesso, perché si è giunti al termine di un iter che abbiamo iniziato noi, mesi fa. E siamo contenti di poter mettere nelle mani della società e del presidente questo nuovo e utilissimo strumento”.
Eppure Fiumefreddo e anche Crocetta hanno parlato di una certa opacità nella gestione di Riscossione Sicilia. E di un non meglio identificato sistema politico-affaristico che si sarebbe opposto, appunto, all’attività di riscossione delle imposte. “Quando sento accennare a volontà precise di fermare la riscossione, – dice però la Di Salvo – non so davvero di cosa si parli. Posso dire con certezza che la sottoscritta non ha mai subito né pressioni né interferenze. Semmai qualche minaccia, per la vicenda della chiusura degli sportelli. I ritardi nella riscossione, che sono evidenti, sono stati invece legati alla carenza di mezzi tecnici e informatici e alle difficoltà di una società che ha attraversato il passaggio dallo status di azienda privata a quello di società pubblica. La politica, almeno per quella che è stata la mia esperienza, non c’entra”.
Ma tra i “dubbi” legati alla gestione Di Salvo, ecco la crescita esponenziale degli incarichi agli avvocati. Da 500 a quasi 900 negli ultimi tre anni, stando alle parole di Fiumefreddo. Una vicenda che ha assunto un risalto nazionale. “Quella degli avvocati – la risposta dell’ex presidente – è davvero una favola. Noi abbiamo in organico solo 19 persone che possono seguire solo alcuni tipi di processi, visto che non sono iscritte all’albo degli avvocati. E noi li abbiamo sempre utilizzati ‘prioritariamente’. Per tutto il resto, invece è necessario il ricorso a legali iscritti all’albo se non addirittura a dei cassazionisti. Nell’ultimo quinquennio, tra l’altro, Riscossione Sicilia ha dovuto trattare tra i 38 mila e i 50 mila ricorsi l’anno. Nello stesso periodo abbiamo dovuto notificare 17 milioni di atti esattoriali, dalle ipoteche ai pignoramenti. Non so – aggiunge – da dove il nuovo presidente abbia tirato fuori i numeri. Posso solo dirle che con me, l’albo era formato da circa 400 avvocati. Poi, ovviamente, tanti altri legali seguono cause attribuite anni fa e ancora pendenti. Cosa avremmo dovuto fare? Togliere le cause dalle mani di questi avvocati e attribuire nuovi incarichi con relativi nuovi costi? Tra l’altro, io i costi li ho anche abbattuti, visto che operiamo attraverso convenzioni per ‘pacchetti’ di contenziosi. Una causa, insomma, spesso costa appena 150, 200 euro”.
Così, ecco il rischio di qualche “polverone”, evidenziato anche da alcuni esponenti politici. “Io in passato – prosegue la Di Salvo – sono stata accusata di non rendere noto quello che facevamo. Forse perché ho sempre pensato che dovesse essere il lavoro a parlare da sé. Adesso, è chiaro, c’è un’attenzione mediatica diversa rispetto al passato. E credo che possa, sotto certi aspetti, anche essere un bene. Certo, credo che senza il mio lavoro e quello del mio cda, al nuovo presidente Fiumefreddo non sarebbe rimasto che liquidare la società. Ma nessuno fraintenda: all’avvocato Fiumefreddo e al suo cda, attuale protagonista del percorso tracciato dal presidente Crocetta, va la mia piena solidarietà e il mio augurio di buon lavoro”. Polemica schivata, anche stavolta. “Ma almeno abbiamo chiarito un po’ di cose”, conclude l’avvocato “dal profilo basso”.
Pubblicato il
24 Maggio 2015, 16:40