02 Settembre 2022, 05:30
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PALERMO – La campagna elettorale stenta a decollare e già si pensa al day after. Il 26 settembre infatti gli occhi saranno puntati sui risultati delle liste e sarà tempo di bilanci.
Lo sanno bene i dem che ieri in conferenza stampa hanno lanciato un segnale al segretario regionale Anthony Barbagallo. L’idea è di rimescolare le carte e fare i conti all’interno del partito riprendendo a urne chiuse i fili del discorso interrotto in occasione dello strappo determinato dalla compilazione delle liste per le politiche. La partita della partita che la frangia carbonara giocherà e chiara, ma numeri alla mano, c’è chi scommette che il segretario (molto quotato ormai in ambienti romani) non si farà disarcionare con facilità. “Qualcuno fa i conti senza l’oste”, si mugugna tra i pasdaran dem. Qualunque scenario inoltre risentirà di un quadro nazionale che si ridefinirà dopo il voto delle politiche. Una storia ancora tutta da scrivere.
Nel centrodestra siciliano, complici i sondaggi, nelle stesse ore si discute di ben altre vicende che richiederanno di rispolverare un vecchio ma utilissimo arnese: il manuale Cencelli. Renato Schifani su un punto è stato molto chiaro: lavorerà di cesello in caso di vittoria per garantire a tutti i partiti della coalizione il giusto riconoscimento. Il punto focale rimane il consenso. Al netto del “volemose bene” istituzionale la battaglia sui territori tra i vari partiti della coalizione è all’ultimo voto. La sfida campale rimane quella tra i meloniani di Fratelli d’Italia (speranzosi del traino del voto nazionale) e gli azzurri di Forza Italia (ultima roccaforte azzurra e storico granaio di voti dei berluscones). Entrambi i partiti possono vantare liste oggettivamente molto forti in buona parte delle province dell’isola. I salviniani di Prima l’Italia ovviamente non resteranno a guardare soprattutto in alcune province (in primis in quel di Catania). Nuova Dc e Popolari e autonomisti faranno il resto con la sicurezza di superare la soglia di sbarramento e l’accordo ufficioso di ottenere un assessore a testa. A urne chiuse si giocherà un altro match.
Numeri alla mano, la presidenza della Regione equivale a circa tre assessorati. Secondo questo “tariffario”, gli azzurri dovrebbero ottenere in aggiunta o un assessorato di peso o in alternativa due assessorati light. Parlare di papabili è ovviamente quantomai prematuro ma i beneinformati sanno che una sfida da attenzionare è quella catanese, nello specifico il risultato dell’assessore Marco Falcone notoriamente poco amato dal coordinatore Gianfranco Miccichè e che in cuor vorrebbe centrare il bis. Le discussioni tra gli azzurri si riapriranno ovviamente davanti al dato nudo e crudo delle urne. Ai meloniani dovrebbe invece andare la presidenza dell’Ars o meglio la possibilità di esprimere il nome votato dall’assemblea. A taccuini chiusi c’è chi giura che su questo i meloniani avranno più di un problema a trovare la quadra. Tre i nomi che circolano con più insistenza: i “bellissimi” Alessandro Aricò e Giorgio Assenza e il meloniano doc Gaetano Galvagno (che però ha già strappato la presenza nel listino del presidente). Secondo la legge della consuetudine la presidenza dell’Ars equivale a circa due assessorati, così FdI potrebbe aspirare almeno ad altri due posti in giunta. I leghisti infine dovrebbero, risultati alla mano, prenotare la casella della vice presidenza della Regione (il nome più sussurrato nei palazzi che contano è quello di Luca Sammartino). Questo lo schema di massima, in attesa dell’esito del voto. Delle liste e non solo, tenuto conto del fatto che ad oggi secondo il primo partito in Sicilia è quello dell’astensione, il che rende tutto ancora possibile.
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02 Settembre 2022, 05:30