Big e partiti si pesano in attesa del responso delle urne - Live Sicilia

Big e partiti si pesano in attesa del responso delle urne

Il 26 settembre gli occhi saranno puntati sui risultati delle liste e sarà tempo di bilanci.

PALERMO – La campagna elettorale stenta a decollare e già si pensa al day after. Il 26 settembre infatti gli occhi saranno puntati sui risultati delle liste e sarà tempo di bilanci.

La sfida dentro il Pd

Lo sanno bene i dem che ieri in conferenza stampa hanno lanciato un segnale al segretario regionale Anthony Barbagallo. L’idea è di rimescolare le carte e fare i conti all’interno del partito riprendendo a urne chiuse i fili del discorso interrotto in occasione dello strappo determinato dalla compilazione delle liste per le politiche. La partita della partita che la frangia carbonara giocherà e chiara, ma numeri alla mano, c’è chi scommette che il segretario (molto quotato ormai in ambienti romani) non si farà disarcionare con facilità. “Qualcuno fa i conti senza l’oste”, si mugugna tra i pasdaran dem. Qualunque scenario inoltre risentirà di un quadro nazionale che si ridefinirà dopo il voto delle politiche. Una storia ancora tutta da scrivere.

Il centrodestra alle prese con il manuale Cencelli

Nel centrodestra siciliano, complici i sondaggi, nelle stesse ore si discute di ben altre vicende che richiederanno di rispolverare un vecchio ma utilissimo arnese: il manuale Cencelli. Renato Schifani su un punto è stato molto chiaro: lavorerà di cesello  in caso di vittoria per garantire a tutti i partiti della coalizione il giusto riconoscimento. Il punto focale rimane il consenso. Al netto del “volemose bene” istituzionale la battaglia sui territori tra i vari partiti della coalizione è all’ultimo voto. La sfida campale rimane quella tra i meloniani di Fratelli d’Italia (speranzosi del traino del voto nazionale) e gli azzurri di Forza Italia (ultima roccaforte azzurra e storico granaio di voti dei berluscones). Entrambi i partiti possono vantare liste oggettivamente molto forti in buona parte delle province dell’isola. I salviniani di Prima l’Italia ovviamente non resteranno a guardare soprattutto in alcune province (in primis in quel di Catania). Nuova Dc e Popolari e autonomisti faranno il resto con la sicurezza di superare la soglia di sbarramento e l’accordo ufficioso di ottenere un assessore a testa. A urne chiuse si giocherà un altro match. 

I nomi che circolano tra i corridoi

Numeri alla mano, la presidenza della Regione equivale a circa tre assessorati. Secondo questo “tariffario”, gli azzurri dovrebbero ottenere in aggiunta o un assessorato di peso o in alternativa due assessorati light. Parlare di papabili è ovviamente quantomai prematuro ma i beneinformati sanno che una sfida da attenzionare è quella catanese, nello specifico il risultato dell’assessore Marco Falcone notoriamente poco amato dal coordinatore Gianfranco Miccichè e che in cuor vorrebbe centrare il bis. Le discussioni tra gli azzurri si riapriranno ovviamente davanti al dato nudo e crudo delle urne. Ai meloniani dovrebbe invece andare la presidenza dell’Ars o meglio la possibilità di esprimere il nome votato dall’assemblea. A taccuini chiusi c’è chi giura che su questo i meloniani avranno più di un problema a trovare la quadra. Tre i nomi che circolano con più insistenza: i “bellissimi” Alessandro Aricò e Giorgio Assenza e il meloniano doc Gaetano Galvagno (che però ha già strappato la presenza nel listino del presidente). Secondo la legge della consuetudine la presidenza dell’Ars equivale a circa due assessorati, così FdI potrebbe aspirare almeno ad altri due posti in giunta. I leghisti infine dovrebbero, risultati alla mano, prenotare la casella della vice presidenza della Regione (il nome più sussurrato nei palazzi che contano è quello di Luca Sammartino). Questo lo schema di massima, in attesa dell’esito del voto. Delle liste e non solo, tenuto conto del fatto che ad oggi secondo il primo partito in Sicilia è quello dell’astensione, il che rende tutto ancora possibile. 


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