16 Aprile 2019, 17:50
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In questo sottofondo di ossa spezzate e grida che raccontano il dissolvimento di ogni confine, si coglie il fallimento della politica incapace di provvedere alle minime necessità di tutti. Le cronache, a margine di un’inchiesta che ha raccolto storie atroci di presunti carnefici e di vittime-complici, sottomesse alla ferocia, uniscono i puntini di una disumanità incurabile.
Alcuni si facevano rompere gli arti per fame, per miseria, per pazzia; altri scheggiavano e martoriavano – secondo le accuse – pezzo per pezzo il malcapitato di turno. Un florido sistema economico in cui non c’era chi ravvisasse il cortocircuito umano, perché l’umanità non era richiesta.
Le testimonianze in presa diretta comunicano un senso di gelo. “Con un peso da palestra mi hanno fratturato tibia, perone, malleolo e radio così come eravamo rimasti”. “Mi hanno offerto tre o quattro birre, poi mi hanno fatto fumare almeno quattro spinelli”. “Mi state ammazzando… ammazzando… la gamba… ahi… ahi”.
Impensabile, eppure è accaduto, nella civilissima Palermo. Ma qui non c’è da chiamare in causa singolarmente un sindaco, un presidente della Regione, un premier pro tempore e non c’è nemmeno da speculare tra il canto e il controcanto delle opposte fazioni pronte a cambiare la rotta degli eventi, secondo convenienza.
C’è semplicemente da ammettere l’inutilità di un sistema che non salva, che non provvede alla fame, che non allevia il disagio, che non offre strade, né scorciatoie, che accetta, per impotenza e cinismo, il susseguirsi di cadute senza rete. L’ultima tremenda risorsa è lo spaccaossa, a dispetto della solidarietà, dell’accoglienza, del prima questi e dopo quelli con cui il dibattito pubblico si riempie la bocca. Soli, sempre soli, i deboli, nel bisogno e nella disperazione. Perché la politica non c’è.
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16 Aprile 2019, 17:50