Spese "pazze", 7 a giudizio contabile | Fronte penale: nuovi interrogatori - Live Sicilia

Spese “pazze”, 7 a giudizio contabile | Fronte penale: nuovi interrogatori

Palazzo dei Normanni

Da chiarire l'utilizzo di circa due milioni di euro. A settembre i magistrati avevano chiesto di fornire tutte le giustificazioni. La magistratura ordinaria, intanto, indaga sull'ipotesi di peculato.

PALERMO – Oltre due milioni di euro. La Procura regionale delle Corte dei conti cita a giudizio sette ex capigruppo per le cosiddette spese pazze dell’assemblea regionale siciliana. A settembre aveva chiesto loro di fornire tutte le giustificazioni, spedendo gli inviti a dedurre che potremmo paragonare agli avvisi di garanzia delle inchieste penale.

Le deduzioni sono arrivate, ma non hanno convinto i magistrati contabili. Mentre si attendono le mosse della magistratura ordinaria, che indaga sulle ipotesi di peculato, quella contabile è convinta di avere individuato profili di danno erariale nell’operato di sette politici. Si tratta di Giambattista Bufardeci (Grande Sud, 60 mila euro di presunto danno erariale), Antonello Cracolici (Pd, 500 mila euro) Cateno De Luca (Misto, la cifra più bassa: 4 mila euro), Cataldo Fiorenza (Misto, 31 mila), Innocenzo Leontini (Pdl, 110 mila) Rudy Maira (Udc e Pid, 400 mila) e Francesco Musotto (Mpa, 700 mila euro, la cifra più pesante). Complessivamente il presunto danno erariale supera i due milioni di euro.

I finanzieri del Nucleo tutela spesa pubblica di Palermo, nei mesi scorsi, avevano consegnato due informative fotocopia. Una finì sul tavolo della procura contabile guidata da Guido Carlino, ormai ex, e l’altra al procuratore aggiunto Leonardo Agueci e ai sostituti Maurizio Agnello, Sergio Demontis e Luca Battinieri. Questi ultimi hanno aperto un fascicolo per peculato iscrivendovi quasi cento parlamentari. Le spese riguardano gli anni tra il 2008 e il 2012.

Solo i quattordici capigruppo, però, ricevettero l’avviso di garanzia per essere interrogati al Palazzo di Giustizia. C’erano anche Giulia Adamo, Nunzio Cappadona, Nicola Leanza, Nicola D’Agostino, Marianna Caronia, Paolo Ruggirello, Livio Marrocco. Anche loro sono sotto inchiesta dei pm contabili. Nel frattempo in sette sono stati citati a giudizio per giugno prossimo davanti alla Corte dei conti. Sono state escluse dalle contestazioni le spese per il personale dei gruppi che rappresentavano la voce più pesante, tanto alla fine ci si è concentrati solo su 2 dei 55 milioni utilizzati dai gruppo negli anni contestati. Secondo i pm contabili non trovano giustificazione i soldi spesi per pranzi e cene – alla bouvette dell’Ars come nei ristoranti in giro per la Sicilia – regali, leasing di macchine e rimborsi benzina. Ed ancora, le anticipazioni dei soldi del gruppo per pagare bollette Enel, ricariche telefoniche e canone Rai, i conti del supermercato e della farmacie, le multe e le tasse come la Tarsu. Oppure gli “extra” per circa mille euro al mese riconosciuto ad alcuni colleghi.

Un vorticoso giro di spese che vanno dai 200 euro sborsati da Rudy Maira in favore della parrocchia di Sant’Eugenio Papa, come offerta per la celebrazione di cinque messe in memoria del padre di Francesco Cascio, allora presidente dell’Ars, ai 45 mila euro che Francesco Musotto disse di avere prelevato in banca e consegnato in contanti a Raffaele Lombardo. L’ex governatore, dal canto suo, ha sempre negato l’episodio.

Fin qui il capitolo contabile. Sul fronte ordinario i pubblici ministeri della Procura di Palermo in questi giorni fanno il punto della situazione. Manca ancora un tassello ore chiudere le indagini. Anzi, tre tasselli, tanti quanti sono gli ultimi interrogatori da fare. Saranno presto sentiti, su loro stessa richiesta, l’ex segretario regionale del Partito Democratico, Giuseppe Lupo (sicuro di chiarire la legittimità delle spese per 40 mila euro che gli vengono contestate), e il sottosegretario all’Istruzione del governo Renzi, Davide Faraone (3.380 euro che Faraone ha sempre definito spese per attività politica con tanto di fattura che lo dimostrerebbe e che ora porterà ai pm. Nei giorni in cui si seppe dell’indagine Faraone dare prova della sua tranquillità disse che era pronto a dimettersi da “uomo” ancora prima che da parlamentare qualora fossero venute a galla responsabilità che è sicuro di non avere avuto). Il terzo interrogatorio riguarda Salvo Pogliese (Pdl-Forza Italia), nel suo caso deve chiarire spese per circa 300 mila euro, a cui si sono sono aggiunti recentemente i circa 300 euro, pagati con il bancomat, in un miniclub. Una vicenda tutta da chiarire che dimostra come quanto lungo e complicato sia stato il lavoro dei finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria.


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