09 Febbraio 2019, 19:31
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PALERMO – Debiti si aggiungono a debiti. E a pagare saranno i siciliani, per i prossimi trent’anni. Mutui, prestiti, anticipazioni e disavanzi: è l’enorme “buco” che verrà spesso coperto in “comode” rate annuali. Soldi che vengono tolti allo sviluppo della Regione, alla sua crescita. Prima, insomma, onorare i debiti. Si userà quello che resta.
A fine 2017, secondo i dati del giudizio di parifica, la Regione risultava avere a carico 7,77 miliardi di debiti fra mutui della Regione per 5,1 miliardi, prestiti a carico dello Stato per 128 milioni e anticipazioni di liquidità 2,4 miliardi.
Al 30 settembre 2018 questo debito era diminuito a 7,63 miliardi ma cambia poco: su ogni nato il Sicilia, su ogni siciliano, grava un debito di circa 1500 euro. A pagare questo deficit saranno soprattutto i giovani dato che molti fra questi debiti scadono alle soglie della metà del secolo, negli anni quaranta del duemila. Così anche la Corte dei Conti nell’ultimo giudizio di parifica, pur commentando positivamente la possibilità di riassorbire lentamente disavanzi e mutui ha sottolineato le “significative ricadute negative in termini di equità intergenerazionale”. Non è una Regione per giovani, insomma.
Fare debito per gli investimenti
Come in una tragedia greca, i figli e i nipoti pagheranno le colpe dei nonni e dei padri. I debiti più antichi della Regione sono dei mutui aperti per svolgere degli investimenti nel triennio fra il 2001 e il 2003. Al 31 dicembre 2017 rimanevano da pagare circa 325 milioni di euro. Entro dicembre 2023 queste cifre dovrebbero essere estinte.
Fra i più datati ci sono poi due mutui, oggi dal valore di 270 milioni, contratti con la Banca europea degli investimenti per racimolare le risorse utili al cofinanziamento regionale alla programmazione europea 2000-2006.
Dal 2010 al 2016, poi, la Regione ha firmato ogni anno un contratto di mutuo con la Cassa depositi e prestiti per finanziare gli investimenti. Si tratta di debiti a trenta o a ventinove anni che a fine 2017 ammontavano ad un totale di 2,3 miliardi. A seguito di una rinegoziazione chiusa a fine 2018 tutti questi debiti scadranno nel 2048.
Debiti sanitari e immobiliari
Il mutuo più grosso è stato acceso per il piano di rientro del debiti della Sanità. A fine 2017 ammontava a 2,2 miliardi: quasi la metà del valore di tutti i mutui e i prestiti a carico della Regione. Il prestito è stato contratto nel 2008 e scadrà, a seguito di una rinegoziazione, nel 2044.
Infine fra i debiti a carico della Regione ci sono dei mutui aperti per fare degli investimenti immobiliari. Uno è l’acquisto nel 2005 della sede della Regione in Via Magliocco a Palermo, per cui dovranno essere spesi nei prossimi anni ancora 4 milioni. L’altro è invece l’acquisto delle Piscine Molinelli delle Terme di Sciacca. Proprio nel 2017 è stato firmato il mutuo da 2,9 milioni che scadrà nel 2046. Dal 2018, poi, dovrebbe essere inserito fra i prestiti stipulati dalla Regione un ulteriore contratto dal valore di 27 milioni di euro circa. Queste cifre dovrebbero servire per ampliare delle strutture sanitarie di medicina nucleare e radioterapia nel comune di Bagheria.
I derivati
Nel 2019, l’assessorato all’Economia regionale dovrebbe poi riuscire a estinguere i prodotti derivati che costano ogni anno 40 milioni di euro e che fin ora sono costati ai siciliani 297 milioni di euro circa. Il Mef, ministero dell’Economia e finanza ha infatti acconsentito all’operazione finanziaria che sarà portata avanti dalla Regione assieme alla Cassa depositi e prestiti. La Sicilia eliminerà così dai propri debiti i contratti aperti nel 2005 per pagare altri debiti sanitari con alcune banche d’affari: la Banca Nazionale del Lavoro, l’Unicredit, la Deutsche Bank, la Merrill Lynch e la giapponese Nomura.
Le anticipazioni di liquidità
E ci sono, poi, due debiti del 2007 e del 2008 a carico dello Stato pari a circa 128 milioni che scadranno nel biennio 2031-2032. Il quadro si completa con le anticipazioni di liquidità che valgono 2,4 miliardi. Questi contratti sono stati firmati fra il 2014 e il 2015 per avere le risorse in contanti che servivano a pagare 2,2 miliardi di debiti sanitari e 259 milioni di debiti non sanitari.
Il disavanzo
Le voci negative non finiscono qui: c’è il disavanzo, il buco nel bilancio regionale, che ha costretto l’Assemblea regionale siciliana ad approvare una manovra con 245 milioni di tagli.
Il disavanzo è l’eccedenza delle spese rispetto alle entrate e ammonta in totale a 6,2 miliardi. Una parte di questa cifra è composta dalle anticipazioni di liquidità attivate fra il 2014 e il 2015. Un’altra parte si è sviluppata dall’operazione verità sui conti avviata dal governo Crocetta quando il bilancio regionale fu ripulito dai crediti che la Regione diceva di vantare ma che non avrebbe mai riscosso: il riaccertamento dei residui attivi.
Dove nasce il buco da 2,1 milardi
Nel 2015 fu stabilito, perciò, un piano di rientro dal disavanzo: un programma dove venivano fissate le somme da raggiungere attraverso delle politiche di tagli. Per alcune voci questo piano di rientro era trentennale, per altre settennale. Nel 2017 dovevano essere fatti tagli al bilancio regionale per circa 2 miliardi fino a fare scendere il disavanzo a 4,1 miliardi. Ma quell’anno i tagli necessari non furono operati e la somma da ripianare fu lasciata in eredità al governo Musumeci.
Nasce così il disavanzo da 2,1 miliardi che in questi giorni ha preso la scena nel dibattito politico regionale. Una somma enorme, che si è materializzata anche a causa della scelta del governo regionale di “sfidare” la Corte dei conti con un ricorso che ha visto la Regione soccombere.
Adesso si corre ai ripari. Anche in questo caso, all’esame di Palazzo d’Orleans, c’è l’ipotesi di un piano trentennale per ripianare la cifra. Se andrà bene, cioè se il governo nazionale consentirà di “spalmare” tutta la cifra in trent’anni, bisognerà trovare ogni anno altri 70 milioni circa che si aggiungono a quelli necessari per coprire tutti gli altri debiti. Anche in questo caso, così, sarà il futuro a pagare le spese del passato.
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09 Febbraio 2019, 19:31